Anno Magico

La Dimensione del Sacro

 
L’area sacra di Stonhenge in Inghilterra

Ci sono momenti in cui la nostra coscienza, grazie a rari momenti di illuminazione, percepisce inaspettatamente una dimensione nascosta tra le pieghe del vivere quotidiano.

A volte la profanità che ci circonda diventa, paradossalmente, uno stimolo per porre attenzione a qualcosa che si cela dietro un velo di illusione.
Il ritmo sostenuto e caotico della vita, che ogni mattina ci impegniamo ad affrontare, diventa, a lungo andare, una forma di alienazione da ciò che realmente corrisponde al “battito cardiaco” della Vita Reale.

Ma qual è la radice di ciò che corrisponde alla Verità nascosta dietro questo velo?

Prima di introdurmi nell’argomento vorrei citare una frase scritta, addirittura, da John Lennon:
La vita è quella cosa che ci accade mentre siamo impegnati in altri progetti …..”

Sicuramente, molti di voi l’avranno sentita o letta moltissime volte, ma quanti di noi si sono realmente soffermati ad analizzarla?
Ogni giorno siamo pronti a cominciare la nostra giornata preoccupati essenzialmente di come sopravvivere, sia da un punto di vista materiale che, soprattutto, emotivo.

Questa preoccupazione spesso ci distoglie dal vero scopo per cui siamo chiamati alla Vita.

Rosone: l’iconografia religiosa inserita nella geometria sacra

Nella maggior parte dei casi ci alieniamo dalla realtà e dalla vera natura delle cose considerandole soltanto funzionali alla nostra sopravvivenza.

Il tutto accade riferendoci ad ogni tipo di manifestazione.

“Usiamo” e “sfruttiamo” tale manifestazione essenzialmente con un approccio consumistico, senza aver coscienza reale di ciò con cui realmente andiamo a interagire.

Per farla breve, il nostro approccio alla vita è lo stesso che può avere un consumatore con il prodotto comprato al supermercato.

Mi spiego meglio: l’uomo profano si relaziona alla Vita nello stesso modo in cui, colui che compra un prodotto, se ne ciba, senza aver coscienza del processo di produzione e realizzazione del prodotto stesso; senza curarsi, cioè, di ciò che quel prodotto incarna, della sua “storia”, dal suo essere “seme” al suo essere cibo.

Mi chiederete il senso e il valore che questa presa di coscienza potrebbe avere.
Ebbene, significa molto, se non, addirittura, tutto!

Entrare nella dimensione “sacra” della Vita significa proprio conoscere la radice profonda di ogni cosa e attraverso questa conoscerne il progetto che incarna.

Non si tratta di conoscenza fine a se stessa, ma di una “partecipazione” a ciò che è l’essenza della vita stessa, la sua Dimensione Sacra.

L’oracolo di Delfi

Sin dai tempi più antichi, si hanno testimonianze, confermate da reperti archeologici, da miti, e da scritti filosofici, che l’uomo ha sempre cercato di inserirsi, di scrutare, ma, soprattutto, di partecipare a quella Dimensione Sacra, tanto misteriosa  e nascosta, da cui è sempre stato circondato e, spesso, affascinato.

Ciò che lascia perplessi è come oggi tutto questo sia letteralmente scomparso lasciando il posto a qualcosa che sa più di superstizione che altro.

Se ci addentriamo nello studio della geometria sacra, nell’astrologia, nella numerologia, nella cabala, nell’alchimia e in tutte quelle scienze sacre che sono il nucleo aureo di quella dote sapienziale lasciata ai posteri dai detentori della Verità, ci accorgiamo di quanto povera sia oggi la nostra umanità, priva di ogni contatto con la vera radice e sorgente della Vita stessa.

Un’umanità che si illude di aver raggiunto con la tecnica ed il progresso vette fin’ora mai toccate. Ma è, invece, vero il contrario. La vera oscurità è quella in cui brancoliamo tutt’oggi.

Ci riempiamo la bocca di parole altisonanti, come uguaglianza sociale, morale, democrazia, progresso, diritti civili……….. e tante altre parole che non fanno altro che “profumare” un “corpo” che di per sé è già morto.

L’uomo crede di poter gestire la sua esistenza rendendo “giustizia” all’esteriorità del suo mondo, senza preoccuparsi che l’unico modo per rimediare al “maleodore” dei suoi mali non è coprirli col profumo delle illusioni, dei rimedi “popolari” ed “eticamente corretti”, ma lavarli con il “fuoco” della Verità.

Vestali presiedono al Fuoco Sacro

Finché l’Uomo non prenderà coscienza della sacralità della Vita, in tutti i suoi aspetti, non potrà e non saprà mai gestire il suo mondo interiore ed esteriore.

Per questo è importante riprendere contatto con il vero linguaggio universale, eternamente lo stesso, con le chiavi di accesso ai mondi reali, sopra citati, con la Dimensione Sacra di cui tutto è soltanto espressione.

Ma cosa intendiamo per Sacro?
Cosa c’è alla base di questo termine?

Ultimamente si fa grande confusione tra tale aggettivo e il termine “santo”, “religioso”, “pio”, “spirituale”…. e tanti altri ancora.

E’ anche vero che la stessa sorte l’ha subita la parola “sacerdote”, il quale è rientrato completamente in un contesto prettamente “religioso” anziché “sacro”!

Sia ben inteso che non si tratta di fare disquisizioni sul senso etimologico e interpretativo del termine, ma in merito alla sua sostanziale identità verbale e caratteriale.
Per prima cosa vorrei iniziare dall’uomo stesso.

Guarda caso nella struttura fisica del corpo umano è presente un elemento che porta proprio il nome di cui stiamo parlando: il Sacro.

L’osso o la vertebra, alla base, o meglio, alla radice, della colonna vertebrale. Il luogo dove, energeticamente, gli Yogi affermano sia racchiusa la forza che, per eccellenza, è all’origine di ogni “evoluzione”, la Kundalini.

La Kundalini, la forza del “serpente”

La stessa Forza che gli alchimisti indicano, nell’iconografia tradizionale, con le spire incrociate del doppio serpente mercuriale, attorcigliato intorno all’asse della spina dorsale, culminante con una pigna, ad indicare la ghiandola pineale.

Ebbene, sembra palese che il “sacro” è il contesto, il luogo, dove la vita prende forma, dove le”volute” dell’evoluzione si sviluppano verso l’alto, portando luce e coscienza a tutto il corpo, realizzando quello che più avanti si manifesterà nel “corpo di luce”, la realizzazione del progetto incarnato, la “cristificazione” dell’uomo attraverso la carne.

Il “miracolo” avviene, come nel corpo umano, anche nel quaternario, nel corpo fisico della realtà, negli stessi termini di come si manifesta nell’uomo, attraverso le stesse leggi e le stesse forze.

E’ ben chiaro, quindi, che tutto ciò non ha niente a che vedere con la morale, con la religione, con tutto ciò che è ben lontano dalla reale dimensione creativa e soprattutto fisica della vita!

E’ ora di prendere coscienza che la vera Dimensione Sacra è qualcosa di molto più reale di quanto immaginiamo, qualcosa che non è legata ad un aspetto culturale, di devozione, o di tradizione, ma è qualcosa che va al di là dello stesso uomo e del suo riferirsi ad essa stessa.

Il sacro non è tale in quanto riconosciuto tale, lo è soltanto e semplicemente per qualità intrinseca.
Allo stesso modo, l’essere sacerdote non corrisponde all’essere esecutore di un rito o predicatore di formule etiche e morali per la salvezza delle anime dei fedeli.

L’essere sacerdote è uno stato dell’essere; la dimensione sacra, una volta raggiunta e conquistata, diventa essa stessa espressione, attraverso l’azione di chi se ne investe, per l’appunto: il sacerdote.

Per questo dobbiamo dire che il vero sacerdote non riceve la dote sacra per trasmissione diretta, ma la conquista attraverso una “morte iniziatica” che sfocia nel “risorgere” ad eroe e, soprattutto, a sacerdote, come il Maestro Gesù, secondo l’ordine di Melkitzedeq, trasformando i vizi in virtù ed incarnando la legge e il mistero della trasformazione.

Contattare la dimensione sacra è quindi il vero scopo a cui la Vita ci chiama per essere compartecipi del continuo divenire e trasformarsi dell’unica forza incorruttibile e universale: la forza d’amore, “l’amor che move il Sole e l’altre stelle…” e, aggiungo, trasforma tutto nell’abbraccio col tutto!

L’amor che muove il sole e l’altre stelle” D.G. Rossetti, 1860

Ancora oggi abbiamo testimonianza di come, nell’antichità, lo spazio sacro sia sempre stato il centro di ogni città, il cuore della vita sociale, il luogo deputato alla celebrazione dei riti destinati a rendere immortale la città stessa.

Tutto questo a dimostrazione di quanto valore e considerazione avesse questo aspetto nel cuore degli uomini e di quanto, invece, confrontato con i nostri tempi, tanto poco, e quanto superficialmente, trovi spazio oggi.

E’ come se l’uomo stesso abbia perso contatto con la sua stessa radice e fonte di vita, considerando tutto ciò espressione di un mondo scomparso e superato, in cui, l’adesione a tale dimensione è solo una manifestazione puerile di superstizione.

Ma proprio questo tipo di considerazioni testimoniano il basso livello di coscienza di questa caotica società.
Provate ad entrare all’interno di una chiesa romanica, di un tempio pagano, di una cattedrale gotica, ponetevi nei punti dove le forme e le geometrie interagiscono tra loro, ponetevi in ascolto di tutto ciò che vi circonda, dei colori, dei materiali, delle forme: scoprirete una realtà profonda, invisibile agli occhi, ma percettibile e quasi tangibile ai vostri sensi sottili. Scoprirete il movimento delle energie attraverso i punti di forza creati tra le regole e i numeri della geometria sacra, dove linee invisibili tracciano l’etere disegnando forme con la forza di una bellezza senza tempo. Tutta la magia del processo creativo rivelata nel silenzio immobile della pietra, testimone soltanto di un ritmo armonioso che evoca eternità.

La cattedrale di Chartres con il suo magnifico labirinto.

Dov’è tutto questo nei nuovi edifici in cemento armato, dove l’unico intento è il virtuosismo architettonico, fine a se stesso, dove il vuoto e le forme piene non fanno altro che confondere e distogliere l’animo di chi vi si reca, rendendo ancora più anonimo un luogo che tutto sembra meno che un luogo sacro?

Per non parlare della musica che vi si ascolta. “Profanizzata” anche quella, per il solo scopo di “avvicinare”i giovani alla religione e farne nuovi proseliti.

Dimenticando che anche la musica, come il canto, crea lo spazio e la qualità dello stesso e che anch’essa diventa sacra nel momento in cui vibra delle stesse leggi matematiche che regolano l’armonia delle sfere e conducono allo stato di “bellezza” e di “eternità”. 

Ma ormai, oggi, anche ciò che è sacro è in mano ai profani ed il sacerdozio, la più alta aspirazione per un uomo nei confronti della vita stessa, diventando parte attiva del processo creativo, è diventato, invece, anch’esso un “mestiere”, reso profano dalla “vocazione”, come oggi ci piace dire, alla sola antropofilia.

La maggior parte dei preti sono sicuramente ignari del mistero che realmente incarna il rito sacro dell’eucarestia che, quotidianamente, ripetono sugli altari, ma, ancor peggio, confinano tutto ciò in un alea di mistero dogmatico che non fa che allontanare il fedele dalla piena presa di coscienza di ciò che realmente accade in quel momento: l’ipotetica apertura di una porta sulla Dimensione Sacra di ciò che, per questo, è chiamato Sacramento. Il contatto con la forza di ciò che è la sostanza primaria di tutto ciò che esiste al mondo e non solo: il Fuoco Sacro!

Quanto vuoto diventa, quindi, ciò di cui non si prende coscienza e, soprattutto, contatto!

L’essere umano è qui su questa terra per goderne il possesso, ma l’unico modo per farlo, non è sfruttando le sue risorse, ma prendendo possesso dei mezzi con cui  essa si manifesta partecipando all’atto creativo ed evolutivo dell’intero sistema universo.

E’ importante, quindi, oggi più che mai, in un tempo che volge al declino, dove l’uomo è smarrito in se stesso e vaga, perduto, alla ricerca di un senso da dare alla sua esistenza, che nascano nuovi stimoli e si trovino le risposte e il coraggio per ricercare il senso sacro della nostra vita, onorando la propria presenza su questo pianeta rendendo giustizia alla Verità, diventando, realmente, sacerdoti di quella Dimensione Sacra da cui tutto prende vita!

Il Sacro Serpente della Tradizione

Sarebbe uno sgarro alla Tradizione Iniziatica non parlare di questo simbolo così comune a tutti i popoli della Terra, che si palesa svariate volte nei testi sacri: questi simbolo è niente meno che il Serpente!

Per tantissimi secoli l’hanno paragonato alla negatività più assoluta e la religione Cattolica addirittura l’ha identificato con lo stesso Satana in persona.

Niente di più falso e sbagliato!

Ovviamente questa affermazione si basa sul racconto della Genesi e sul Peccato Originale, che fu erroneamente interpretato scaricando nel Serpente tutto il male dell’umanità.
Bisogna veramente essere ingenui per credere che tutto ciò sia realmente accaduto.

Invece se andiamo a cercare nell’iconografìa del passato, troviamo la figura del Serpente sulla testa dei Faraoni, in India corona le teste delle diverse divinità, i primi cristiani lo collocavano addirittura sulla croce e solo successivamente misero al suo posto la figura dell’uomo Gesù.

I Cattolici lo rappresentavano sotto i piedi dell’Immacolata Concezione. I Cinesi e altri paesi orientali lo hanno trasformato in un Drago, ma rimane lo stessa cosa, è lo stesso simbolo. Mosè nel deserto lo trasforma nel Serpente di Bronzo e lo sistema su un Tao.

Nel Centro America era il Serpente Piumato, mentre la nostra Tradizione Occidentale attualmente lo rappresenta nel Caduceo di Mercurio, simbolo della medicina e dei medici.

Pettorale atzeco raffigurante il doppio serpente

Anche i farmacisti lo utilizzano per identificarsi, così si può vedere un Serpente attorcigliato ala base di una coppa, a volte anche due, con le teste nell’atto di versare il loro veleno nella coppa stessa.

Questi sono soltanto alcuni esempi, per non parlare dell’Alchimia dove i simboli con il Serpente si sprecano.

Anni fa durante la mia ricerca mi dicevo che questo simbolo racchiudeva sicuramente qualche importantissimo messaggio, come per esempio l’Ouroboros, il Serpente che si morde la coda e che ha scritto nel centro: “Uno è Tutto”; oppure il simbolo del Serpente trafitto da una freccia, usato dal Grande Fratello Cagliostro, che significava la “fissazione del volatile”.

Si può ancora continuare quasi all’infinito a portare esempi di questo genere, ma adesso vediamo di chiarire e di capire la nostra “parentela” con questo essere rettiloide e il perché ce lo portiamo appresso. E soprattutto perché popola anche il nostro inconscio manifestandosi sovente nei nostri sogni.

Fu così che una notte mi venne un piccolo chiarimento in due sogni consecutivi.
Nel primo sognai che ero di fronte ad una grande pietra rettangolare dove sopra era distesa una giovane nuda. Ad un certo punto apparve un grosso Serpente multicolore che iniziò a mangiarne le carni fino a quando rimase solo lo scheletro.

Il serpente avvolge “la donna”

Ero disperato, perché da subito volevo avvisarla, ma le parole non uscivano dalla mia bocca. Poi vidi il rettile rigonfio di tutto quello che aveva mangiato traslarsi verso un altro corpo disteso su una pietra simile, posta accanto alla precedente, ma di sesso maschile.

Continuavo ad essere disperato, perché non c’era possibilità di svegliarlo e anche se gesticolavo, non riuscivo ad articolare alcuna parola.
Allora vidi quel bellissimo Serpente, dai colori sfavillanti, salire sul corpo del giovane, distendersi su di lui, appiattirsi, coprendo con la sua pelle tutta la cute del giovane e, confondendosi con essa, scomparire in lui.

Vidi quel corpo diventare bellissimo e luminoso, prendere vita, sedersi e sorridere di felicità, mentre una voce fuori campo disse: “Con questo metodo si rinasce a nuova vita…”

Il secondo sogno era molto simile a questo, ma il soggetto questa volta ero io, così ve lo risparmierò, poiché il significato è simile in tutto e per tutto.
Ecco allora che il Serpente, anche se sembra “brutto”, negativo, e molte volte fa senso a vederlo e altre infonde paura e ribrezzo, si profilava come un metodo di salvezza e rinnovamento.

Capii allora, o per lo meno è quello che compresi, che tutte le Tradizioni attraverso questo simbolo ci trasmettevano dal passato remoto un messaggio che, se intuito, capito e compreso, può significare la seconda ri-nascita così desiderata e voluta in tutte le epoche della Storia dell’uomo.

Adesso cercheremo di capire dove si trova per analogia il “Serpente” in noi.

Vi svelerò una frase Massonica che recita: “Adonai Al-ma Nahash Betohy?” che significa: “Dio, perché il Serpente è in me?”.

Sembrerebbe che questa frase fu data come “Parola di Passo” da Salomone, il Rè Saggio, ad Hiram Abiff da pronunziare tutte le mattine al sorgere del Sole.

Questo può significare soltanto una cosa, che nelle nostre interiorità abbiamo qualcosa che rassomiglia a questo animale. Infatti la dottrina indù ci parla di un Serpente attorcigliato e dormiente nella parte bassa della colonna vertebrale, ossia nell'”0sso Sacro”;

ed ecco un altro enigma: perché Osso Sacro? Perché è divino e sacro “quello” che nasconde in quel luogo? I testi dicono che quando “questa energia” si sveglia, si alza come un Serpente lungo la colonna vertebrale e passando per alcuni punti, detti Chakras, che l’Apocalisse di Giovanni chiama Chiese, li attiva aprendoli e salendo fino all’ultimo nella testa, chiamato “loto dai mille petali”, dove avviene l’illuminazione dell’individuo.

Quetzalcoatl, il serpente piumato

C’è un altro particolare che ci fa pensare a cui è difficile trovare una risposta.

Abbiamo nel nostro cranio, nella parte posteriore, il “famoso” cervelletto che la Scienza ci indica come residuo rettiliano o rettiloide da quando l’uomo era per metà bestia.Cosa questa che non soddisfa la mia curiosità.

Ci deve essere qualche altra risposta a questo mistero del Serpente. Ma cosa può essere?

Ci sono delle antiche iscrizioni in alcuni calici del XIII secolo che dicono: “Serpens Christum notat in cruce passimi” (II Serpente indica il Cristo sofferente sulla croce).

Un altro molto simile:

In cruce dum patitur hoc Christus in angue notatur” (Appeso sulla croce il Cristo è rappresentato da un Serpente)

Serpentis signum Christum notat in cruce passum” (II segno del Serpente indica il Cristo che soffre sulla croce)

Qui contemplaretur anguem, vitae reoarantur” (Chi contempla il Serpente si rigenererà nella vita)*

* Frasi prese dal libro “Le Bestiaire Du Christ” di L.Charbonneau – Lassay, Ed. Arche Milano.

Sembrerebbe allora che il Serpente e tutte le sue varianti siano l’emblema del Cristo Redentore e Misericordioso, appeso sul legno della Croce per la guarigione la salute degli esseri umani.

Questa affermazione è una cosa grossa! Non vi pare?

La Madonna domina il serpente

Che vorrà significare? Che il Serpente e il Cristo, ossia l’Energia cristica, e non l’uomo Gesù, siano una medesima cosa? Che questo Serpente-Energia-Cristo si trova in ogni uomo e che per deviarci dalla verità, coloro che detenevano il potere, ci cambiarono le carte in tavola… ?

Dopo queste poche analogie sul Serpente, poiché ve ne sono tantissime ancora, si può stabilire l’importanza di questo simbolo universale.

Si deduce che il Serpente è un simbolo di salvezza, di medicina e di guarigione! E che non è per niente negativo o malvagio, ma tutto il contrario, giacché i primi cristiani lo chiamavano e lo paragonavano al Cristo stesso, ossia all’Energia, Principio di Vita, Principio Creatore che si palesa nell’Energia dell’Eros o più semplicemente nel sesso.

Siamo arrivati a “capire” questo Simbolo e a riportarlo all’uomo, ossia a noi.
Adesso voglio raccontarvi una favoletta con l’intenzione di invitarvi a pensare, ad usare lo strumento che abbiamo per non essere presi in giro con false interpretazioni:

«Un dì qualunque, milioni di anni fa, gli dei (esseri intelligenti provenienti da pianeti di sistemi diversi) decisero di creare un “super essere” contenente la memoria di tutti loro affinchè durasse per sempre.

Una sorta di immortalità conservata in questo uomo eretto che, forse, era colui che meglio si adattava a questo esperimento.

Le razze di questi esseri, Dei intelligenti per noi, erano tré o quattro o forse più.

La prima, forse proveniente dalle Pleiadi, erano piccoli di pelle bianca e luminosa. Con occhi neri, grandi e profondi.

La seconda razza, invece, era quasi umana, alti, biondi, con capelli lunghi, forse di Sirio, molto belli.

La terza razza invece era rettiloide, una sorta di uomini serpenti, molto simili ad un coccodrillo eretto, però molto evoluti, come le altre due razze, forse provenienti da Arturus o Andromeda.

Tutti d’accordo si diedero appuntamento nel nostro pianeta e, ipso facto, misero in piedi un grande laboratorio per operare tali esperimenti.
Per arrivare sulla nostra Terra ogni razza utilizzò i mezzi diaponibili a seconda della tecnologia” disponibile in quel momento.

Fu così che presero dei campioni di quello che fu realmente il nostro antenato, ed è probabile che dopo tantissimi esperimenti riuscirono a “combinare” i diversi codici genetici con quello del Primo Adamo, nostro antenato e padre.

Che successe dopo?

Qui la favola si aggroviglia e diventa molto lunga. La questione è che passarono le ere, i cicli si inseguirono uno dopo l’altro, e questi semi genetici, seminati nell’uomo, cominciarono a germogliare e l’uomo divenne un essere sempre più intelligente e pensante come lo erano i suoi progenitori, ossia gli stessi dei del Cielo.»

Bene, voi lettori vi domanderete cosa c’entri questo racconto con il rettile-Serpente della nostra ricerca.
C’entra eccome!

Caduceo di Asclepio e di Mercurio

Ecco perché c’è un “serpente” dentro di noi: è nella nostra memoria genetica e fa parte di noi, come fanno parte le altre mappature genetiche degli altri esseri.
Noi umani siamo come uno scrigno dove conserviamo la somma di tutti questi creatori che la Bibbia chiama Elhoim, gli Dei!

Questo benedetto patrimonio genetico viene conservato in ogni uomo con tutta la memoria dell’Universo.

Però, c’è un però, quasi il 90% di questo sapere universale dorme nella memoria dell’uomo in scomparti chiusi (ecco il libro dei Sette Sigilli chiuso nell’Apocalisse di Giovanni che ci invita ad aprire).

Il problema che si presenta a tutti coloro che hanno un residuo di questa memoria è il come accedere a queste informazioni.
L’aiuto per fare questa operazione o la chiave di volta è nascosta nel simbolo del Serpente-Cristo.

Infatti, quando si parla di Salvezza o di Ri-nascita o di Guarigione o di attivare queste memorie, solamente il Serpente dentro ognuno di noi potrà rompere i sigilli ed entrare in quei misteriosi sacrali dove si celano quei codici segreti che ci potrebbero donare non soltanto l’immortalità, ma anche la vera conoscenza che ogni iniziato alle Arti Hermetiche cerca da svariati cicli.

Ouroboros alchemico

“Serpente è il Mercurio degli Alchimisti”

II “Tractatus Aristotelis” contiene una frase notevole sul Serpente:
“II Serpente è il più astuto di tutti gli animali della terra; sotto la bellezza della sua pelle mostra un volto innocuo, è simile ad una materia ipostatica, si forma lui stesso per illusione quando è immerso nell’acqua. Lì esso raccoglie le forze (virtutes) dalla terra; tale è il suo corpo. Poiché ha molta sete beve smodatamente al punto di inebriarsi e fa sì che la natura alla quale è unito svanisca”.
(tratto da “Psicologia e Alchimia” di Cari G. Jung, Ed Boringhieri)

A questo punto siamo giunti al Mercurio dei Filosofi, che equivale allo stesso Serpente della nostra ricerca, e questo, a sua volta, sappiamo che rappresenta il Cristo.
Noi sappiamo anche che l’uomo è il Tempio Vivente, e il nostro Mercurio-Cristo abita il nostro corpo in forma di Serpente; è proprio questa “energia”, che non può essere che divina, a “salvarci e mondarci dai nostri peccati”.

Infatti, il Serpente si trasforma in “Agnus Dei”, che è più alla portata di tutti, che, come simbolo, non impressiona come il rettile-Serpente e che per analogia si può anche mangiare.
Ecco l’ Agnello di Dio che toglie i peccati del Mondo!

Cristo visto come un innocente agnellino che, usando le dovute analogie, ci libera dal male e ci prepara per la Salvezza.

Torniamo indietro al mio sogno.

Che cosa vedo fare al Serpente? Mangia un corpo di donna che non è altro che l’Anima femminile, per poi trasformarsi in pelle luminosa nel corpo del giovane = Spirito maschile.

In questa maniera l’essere rettiloide, che fu co-creatore insieme ad altre divinità, si “immortalizza” attraverso di noi, innocenti e inconsapevoli custodi di un patrimonio infinito, e tutti insieme. Tutti in Uno, ci reintegreremo al Padre, ossia alla Magna Sorgente del Tutto per ricominciare nuovamente in più elevate dimensioni.

Forse?
Chi lo può sapere?

Kuthuma

Il Mito: La nascita degli Dei

E’ importante scandagliare attraverso le storie dei miti, per portare in superficie quella conoscenza che probabilmente prima dell’avvento della scrittura, veniva tramandata da bocca a orecchio e, sicuramente anche in questo caso, per mezzo di racconti, parabole e, appunto, poemi epici, dal contenuto allegorico.

Pertanto ciò che ci si deve prefìggere, è il tentativo di penetrare nel simbolo per poter raggiungere il suo “nucleo aureo”, se così lo vogliamo chiamare, nel quale è celata la sintesi universale contenuta nel suo spirito.

Questo seme di conoscenza che non è altro che la manifestazione del divino, presente in ogni cosa e quindi anche nelle forze e nelle leggi operanti nel mondo, sempre e comunque, è patrimonio dell’umanità e di conseguenza di ogni singolo individuo; a prescindere dal sesso, dalla razza o dal credo.

Gli dei sono i portatori di questo messaggio, essi sono presenti in tutte le tradizioni, magari con caratteristiche e  nomi diversi, adatti alle varie culture, ma sempre messaggeri di un monito che invita l’uomo “mortale” a ricercare il trascendente.

Tuttavia, anche se nei miti gli dei assumono, a volte sembianze umane, a volte animali, i loro poteri o meglio la loro essenza spirituale, è cosa assai difficile da raggiungere per l’essere umano. Sembra pertanto, che questo baratro che divide l’immortale dal mortale, da ciò che è destinato ad invecchiare, sia insuperabile.

Comunque, nonostante ciò, come emerge dagli stessi poemi epici, noi siamo anche loro figli; ciò significa che sicuramente qualche loro caratteristica, l’abbiamo ereditata e probabilmente, proprio quella scintilla sacra che quindi non è al di fuori di noi, ma va ricercata nella nostra intimità.

Insomma, questi dei fanno parte del nostro patrimonio genetico e non ne sono assolutamente scevri.

Gli dei sono dentro di noi e non al di fuori.

Operare quindi, un lavoro di tipo analogico, ci può portare a scoprire l’universalità dei miti stessi e come questi siano, in realtà, la trasposizione in un certo senso fantastica, di ciò che l’uomo deve, invece, fare per la sua evoluzione spirituale.

Secondo il mito sumero, per esempio, dall’immenso oceano primordiale, si originò la Montagna Cosmica, dove ancora il cielo e la terra, erano indistinti e rappresentati da An (cielo) e Ki (terra).
Questi generarono Eniil il dio dell’aria, che determinò la separazione tra cielo e terra.

Secondo la tradizione occidentale del mito greco, all’inizio vi era il Caos, cioè il vuoto costituito da un immenso abisso oscuro, dove non c’era nulla o meglio, potremmo dire che esisteva una materia primordiale ancora indifferenziata.

Come nel caso analogo sumero, dove in questo oceano, come loro lo definiscono, cielo e terra non erano ancora separati, fino a quando non generarono Eniil, il dio dell’aria che separò e distinse, appunto, il cielo e la terra.

A questo punto, voglio fare un’osservazione che entra nella speculazione, di quanto poi, a poco, a poco, verrà approfondito in seguito; se l’aria separa cielo e terra, non possiamo, per ovvie ragioni, associare al cielo, come normalmente viene definito, l’elemento aria, altrimenti questa sarebbe già esistita e non avrebbe avuto  bisogno di essere ulteriormente separata.

E’ probabile perciò, che il cielo rappresenti una condizione energetica della materia stessa, o terra, che per opera di una distillazione, ha generato una differenziazione, quindi una distinzione, come se lo spesso di un elemento, fosse stato separato per mezzo di una sua rarefazione, dal sottile. (Rarefazione- aria-Enlil = spirito delle cose?).

Per il momento ritorniamo ai nostri miti; da questo abisso oscuro, o vuoto, o oceano primordiale, come vogliamo chiamarlo, vengono fuori, Gea (La terra). Tartaro (L’inferno), poi la notte (Èrebo) e infine Eros.
E’ importante esaminare ad uno ad uno questi elementi, per poter seguire poi la genealogia che ne deriva.

Ogni cosa, dei e mortali, hanno preso vita dal Caos, al quale si attribuisce il significato di principio entro il quale tutto è in stato di confusione; ciò evidenzia, quindi, che il Caos, pur non essendo un dio, e tantomeno un mortale, possedeva in sé ciò che occorreva per creare e dare vita alle generazioni degli dei e dei mortali postume.

In esso è presente perciò, un principio creativo che deve essere attivato per poter, appunto, generare.

Tuttavia, non abbiamo dei particolari precisi, come questo sia accaduto all’inizio; come accennato, il mito narra che improvvisamente, da questa aggrovigliata “materia”, sorsero la Terra, Èrebo, la Notte, Tartaro.

Gea, quindi, è la terra che si manifesta come prima creazione distinta; è interessante notare come successivamente, emergono le prime divinità che hanno attinenza con l’oscurità e il buio più cupo.
Così Èrebo è il luogo più profondo degli Inferi, la Notte rappresenta l’oscurità primordiale (Figlia del Caos) e poi Tartaro, gli Inferi stessi, luogo dove furono imprigionati gli dei della prima generazione, sconfitti da Zeus.

Il nero e l’oscurità sono perciò, la prima manifestazione individuabile della creazione; dopo la comparsa della Terra, essi assumono le sembianze, in sostanza, di un utero entro il quale si sviluppa la vita. Il binomio terra-oscurità, quindi, contenitore e matrice insita nel contenitore, è uguale alla potenzialità per lo sviluppo della vita.

Occorre, però, un altro elemento a che le sinergie necessario alla nascita avvengano; qualcosa che inneschi i processi germinativi fra la terra e la sua intima matrice. Assistiamo, infatti, alla nascita del dio Eros; con lui iniziano le trasformazioni, quegli amalgami che danno avvio alla realtà delle cose, cioè le rende vive.

Come forza primordiale, il suo potere si estende non solo agli esseri umani, ma anche agli animali, ai vegetali, ai minerali e ai liquidi e fluidi; ha la capacità di fondere e unificare. E’ la scintilla di attrazione che fa congiungere le cose e le spinge a creare la vita… Essa genera i mondi.

Con la comparsa di Eros dalla terra, incominciano ad apparire dei che rappresentano la luce del giorno (Emera), il Ciclo (Urano) e l’aria azzurra che fascia la Terra (Etere); viene così, a crearsi un equilibrio tra quelle che potremmo definire, le forze negative, ma non in senso dispregiativo e le forze positive.

Luce e tenebre si contendono le sorti del mondo, dirigendone la creazione che vede apparire col sorgere del mare, dei monti e tutto ciò che è conforme alla natura, la configurazione delle sue caratteristiche.

Può sembrare un controsenso che la nascita di elementi essenziali per la vita, come il Cielo, il Mare o gli Oceani, siano deputati a Etere e a sua sorella Emera, rispettivamente l’Aria e la Luce, a loro volta generate dalla Notte, unitasi con suo fratello Èrebo, cui corrisponde, la parte più cupa e inaccessibile degli inferi.

Fondamentalmente, due forze della stessa polarità, hanno creato, così come pure Etere e Emera; tutto ciò può mettere in contraddizione, quanto accennato prima, riguardo le polarità di Luce e Tenebre, che essendo opposte ma complementari, per tradizione e per leggi naturali, hanno la possibilità di procreare.

Non dobbiamo, però, dimenticare la presenza di Eros, elemento presente in tutto ciò che vive; se pertanto in lui, è insito il seme che da la vita, non è escluso che questa spoletta, sia comunque inserita, sia nel negativo che nel positivo, a seconda della polarità che la riceve.

Pertanto, nell’oscurità, non è tutto nero e nella Luce non è tutto bianco. Questo concetto richiama palesemente lo Yin e lo Yang.

Va da sé, perciò, che anche dagli “Inferi”, è possibile estrarre la Luce, come la Luce, di conseguenza, se non è indirizzata per una giusta causa, può trasformarsi in tenebra. Proseguiamo ora con la narrazione del mito che ci dice che la Terra si unì con Urano (il Cielo) e da essi nacquero i dodici Titani, sei maschi e sei femminine e tré Ciclopi e tré Centimani.

Nel momento in cui la “terra si unisce con il proprio cielo”, incominciano a nascere “creature divine”; è l’inizio di quella fase di trasformazione, che anche se non appare visibilmente,è presieduta da Eros, colui che detiene la forza magnetica di attrazione germinativa.

Il mito prosegue con la rivalità fra padre e figlio, che sembra essere la cosa più antica del mondo: Crono, ultimo dei Titani maschi, generati da Urano e Terra, si ribellò al padre, insieme ai suoi fratelli e sorelle che dimoravano nei cieli, questo perché Urano voleva rilegarli nel Tartaro.

Dopo lo scontro che ne seguì, Crono ebbe la meglio e Urano, battuto e sanguinante per le ferite ricevute, fuggì, creando, però, ad ogni goccia del suo sangue che cadeva per terra, i Giganti e le Erinni.

Crono governò incontrastato, ma sospettando di tutti, rinchiuse i Titani nelle profondità della terra, perché come gli aveva predetto Urano, anche lui sarebbe stato detronizzato da un suo figlio; fu così che ogni nascituro, veniva da lui mangiato, fino a che, alla nascita di Zeus, ultimo erede. Rea lo nascose, ingannando il marito con una pietra che lui divorò. Zeus, poi, venuto a conoscenza dei misfatti del padre, aiutato da Gea la terra, fece ingoiare a Crono, un’erba particolare, che lo portò a vomitare tutti i suoi figli, che infine mossero, guidati da Zeus, alla conquista dell’Olimpo.

In questa parte del mito, si può osservare come dei cambiamenti sostanziali, siano da attribuire al più giovane di una generazione di figli; Crono, l’ultimo dei Titani, succede a Urano, Zeus, ultimo dei figli generati da Crono, detronizza suo padre. Questo ha una valenza importante, se vogliamo attribuire ai miti e a questo in particolare, il significato della rigenerazione umana, a livello individuale, intendendo con questa, l’emancipazione del proprio sé, attraverso l’utilizzo che Madre Natura ha messo a disposizione dell’uomo e della donna.

Sia Crono che Zeus, quindi, sono ambedue l’ultimo risultato di un processo di generazione; essi presentano, perciò, il modello perfetto ed elaborato, dopo tante ripetizioni di un certo atto. In questo caso, quello di mettere al mondo figli. Analogamente, è il tentativo alchemico di creare un “figlio sempre più perfetto”, al quale si può tendere elaborando via, via il Mercurio dei Filosofi, verso la sua migliore qualità.

Ecco, perciò, che alla fine di una catena di tentativi, viene a crearsi e manifestarsi con successo, il nuovo, il giovane, un’energia totalmente rinnovata che determina il salto qualitativo.

Tutto ha inizio dall’unione della Terra e del Cielo, come abbiamo già visto prima, o meglio dalla possibilità che l’uomo, inteso come umanità, ha di conquistare il proprio cielo interiore (testa), liberando dagli Inferi, i suoi stessi Titani e raffinando la sua genealogia.

E’ opportuno notare, ciò che Urano compie alla nascita di ogni suo figlio; li nasconde nelle viscere della sua sposa la Terra (Gea).

Questa terra che noi dobbiamo interpretare come la nostra propria terra, riceve nuovamente ciò che essa stessa ha creato, cioè il frutto del seme generativo; ma per far sì che da questo frutto si liberi e si emancipi, essa ha bisogno di produrre il ferro, sostanza che essendo magnetica, può essere attirata.

Contenuta infatti nel sangue, come agente che modifica la sostanza inerte, fa sì che il sangue stesso si rigeneri e assuma una qualità a una più alta frequenza vibratoria.

Ecco perché Urano, perdendo il suo sangue, dopo essere stato castrato dal figlio  Crono, con la falce di ferro fornita da Gea stessa, genera nuove creature divine, così da lasciare un ricordo di sé che deve a sua volta, essere amplificato; nulla, infatti, si perde definitivamente, perché la memoria che è esperienza accumulata, si ripropone sempre. E sempre da questa si può attingere e possono attingervi le nuove generazioni.

Dal sacrificio di Urano che perde la sua virilità, caduta in mare, nasce Afrodite; rammentando che Urano rappresenta il cielo, dovremmo considerare che ciò che è contenuto nel ciclo, viene ricondotto e rimescolato con le acque (fluidi).

Da questo incontro, come il mito narra, si produce una schiuma, che volendola associare al mercurio, ha il potere di creare l’energia più grande e più potente che esista: l’Amore al quale viene data l’immagine di Afrodite, la Venere dei romani.

Tuttavia, l’utilizzo delle potenzialità di tale energia, sono a discrezione di chi la gestisce; infatti, la dea Afrodite ha peculiarità diverse. Essa protegge i matrimoni, favorisce l’intesa amorosa, rende feconde le unioni e fertili i campi, quindi si manifesta nell’accezione più armonica e elevata di ciò che essa rappresenta; ma altresì, essa è anche la temibile fascinatrice, colei che alimenta la passione smisurata dei sensi, che incita all’adulterio ecc.

In quest’ultimo contesto entra, perciò, in gioco, solo ciò che per l’uomo o la donna rappresenta l’istinto prettamente animale e favorisce l’utilizzo dell’energia- amore, solo per scopi di basso piacere sessuale.
Analogamente a quanto accade fra Urano e Gea, la stessa situazione si presenta con Rea e Crono.

Nel loro mito, cui ho accennato antecedentemente, è Crono che mangia il prodotto della sua virilità; questo tuttavia, non cambia la valenza di quest’atto, in quanto Rea non va vista disgiunta da Crono stesso, ma assume il significato, simbolicamente parlando, della terra che è stata fertilizzata e che dopo molte ripetizioni, ha generato in sé il campione della rigenerazione che ravvisiamo in Zeus.

Non è un caso, infatti, che sottratto alla voracità infanticida di Crono, egli sia stato generato, invece, in una caverna a Creta. Le caverne erano considerai luoghi sacri, dove si nascondevano le divinità e qui si facevano nascere eroi e dei stessi; l’analogia con la nascita del Bambino Gesù nella grotta di Betlemme è evidente. La caverna o grotta assume, quindi, il significato di ricettacolo del sacro, luogo dove si manifesta lo Spirito Santo, simbolo del più alto Sacerdozio che l’uomo può tenere e custodire nella Grotta del Cuore.

Così Zeus, cresciuto in segreto, si trasforma nel nuovo messaggero, nel nuovo Mercurio, che vuoi riportare ordine nel caos per ristabilire la “giustizia” e riscattare i suoi fratelli prigionieri nel ventre del loro padre Crono; non dobbiamo dimenticare che i figli di Crono, sono comunque dei, rappresentano perciò, un’elite di personaggi che proprio per la loro condizione, posseggono il potere di creare, questo perché nella parola Dio, è contenuto il simbolo dello YOD che come più volte è stato ribadito, rappresenta il numero 10, l’equilibrio perfetto delle due energie.

Esso, analogamente accostato al Mercurio, per essere operativo nella sua potenzialità e al contempo, elevato al massimo grado di perfezione, deve essere estratto dai suoi inferi, dove è prigioniero e trasportato verso l’alto… Verso la conquista dell’Olimpo per poter dominare “su tutta la terra e su tutto il ciclo” della propria umanità.

Massimo

Il Mito: il Diluvio Universale

II Diluvio universale (o anche semplicemente il Diluvio) è una storia mitologica di una grande inondazione mandata da una o più divinità per distruggere la civiltà come atto di punizione divina.

E un tema ricorrente in molte varie culture.

Il Mito Greco

Deucalione e Pirra

Deucalione e Pirra, rispettivamente figli di Prometeo e Epimeteo, erano due anziani coniugi senza figli.

Gli dei permisero loro di salvarsi dal diluvio che si sarebbe abbattuto sulla terra in modo che facessero rinascere l’umanità.

Due autori romani hanno raccontato la storia di questo mito greco: Ovidio nelle Metamorfosi e Igino Astronomo nelle Fabuiae.

Si racconta che Deucalione e Pirra ebbero, come premio per la loro virtù, diritto ad un desiderio o ad un oracolo a Temi.

Essi chiesero di avere con loro altre persone. Zeus, o l’oracolo consiglia allora ai due superstiti di gettare pietre oppure “le ossa della loro madre” dietro la loro schiena.

Essi comprendono che si tratta della Terra perché sono figli di Titani.

Queste non appena toccano terra si mutano in persone, in uomini quelle scagliate da Deucalione, in donne quelle scagliate da Pirra. Questa è l’origine della parola laos (“popolo”), poiché in greco Laas significa pietra.

II mito è spesso collocato nell’Epiro, sull’Etna o in Tessaglia.

Mito Babilonese

L’epopea babilonese di Gilgamesh racconta le avventure di Utanapishtim, originario di Shuruppak, che Gilgamesh incontra mentre cerca l’immortalità.

Ellil (equivalente di Eniil), signore degli dei, vuole distruggere l’umanità con un diluvio, esortato dalla dea Ishtar, offesa del rifiuto di fidanzamento.

Non è la prima volta che l’umanità viene distrutta infatti lo fu anche altre 4 volte: peste, siccità e carestia.

Il dio Ea (equivalente di Enki) consiglia ad Uta-Napishtim di distruggere la sua casa di canne e di utilizzarne il materiale per costruire un’arca, che deve caricare con oro, argento, e la semenza di tutte le creature viventi e anche di tutti i suoi artigiani.

Uta-Napishtim costuisce l’arca dopo aver distrutto la sua casa

Dopo una tempesta durata sette giorni ed altri dodici giorni passati alla deriva sulle acque, l’imbarcazione si arena sul monte Nizir.

Dopo altri sette giorni Uta-Napishtim manda fuori una colomba, che ritoma, poi una rondine, che toma indietro anch’essa. Il corvo, alla fine, non ritoma. Allora Uta-Napishtim fa sacrifici agli dei a gruppi di 7.

Quelli sentono il prorumo delle carni arrostite e affluiscono “come le mosche”.

Ellil è infuriato che gli umani siano sopravvissuti, ma Ea lo rimprovera: “Come hai potuto mandare un diluvio in questo modo, senza riflettere? Lascia che il peccato riposi sul peccatore, e il misfatto sul malfattore. Fermati, non lasciare che accada ed abbi pietà [che gli uomini non periscano]”.

Uta-Napishtim e sua moglie ricevono allora il dono dell’immortalità, e se ne vanno ad abitare “lontano, alla foce dei fiumi”.

Mito Ebraico-Cristiano Islamico

Il protagonista del racconto biblico, che occupa il settimo e l’ottavo capitolo della Genesi, è Noè.

Incaricato da Dio di costruire un’arca per raccogliere tutti gli animali terrestri, all’inizio della catastrofe si rifugia all’interno dell’imbarcazione con la moglie, i figli e le loro mogli.

Per quaranta giorni e quaranta notti la tempesta ricopre la superficie terrestre, fino alle montagne più alte; dopo ottanta giorni Dio fa cessare vento e pioggia e le acque cominciano a ritirarsi.

L’Arca di Noè

L’arca – sempre secondo il racconto biblico – si arena sul monte Ararat: Noè decide quindi di lasciare andare un corvo per capire se le acque si sono abbassate completamente.

L’uccello però non fa più ritorno, e decide di impiegare una colomba.

La prima volta torna indietro perché non trova una superficie dove posarsi; al secondo tentativo fa ritorno portando un ramo d’ulivo in bocca, a significare che la terra è nuovamente visibile; la terza volta la colomba non toma, e Dio ordina a Noè di scendere dall’arca mentre nel cielo appare uno sfolgorante arcobaleno, segno della nuova alleanza tra Dio e gli uomini.

Secondo l’esegesi della Religione ebraica con il diluvio ebbe termine la discendenza di Caino.

Inoltre nell’era messianica gli appartenenti alla generazione punita con il diluvio non resusciteranno.

Per l’Isiam al diluvio sopravvissero Noè e i suoi figli tranne uno con la moglie che si rifiutò di salire sull’arca. L’Arca coranica si posò sul monte Judi in Iraq.

Il Mito Indiano

Il mito del diluvio è presente nel Satapatha Brahmal a ( I, 8, 1).

Manu incontra un pesce mitico nell’acqua che gli era stata portata per lavarsi.

Esso gli promette di salvarlo se egli, a sua volta, lo salverà. Manu conserva il pesce in un vaso, poi lo porta al mare.

Si costruisce un battello e, nell’anno predetto dal pesce, avviene il diluvio.

Il pesce nuota verso il battello di Manu e aggancia il suo como all’imbarcazione conducendola fino alla montagna del nord.

Il pesce Matsya Avatara salva la nave di Manu dal diluvio

Manu è l’unico essere umano sopravvissuto.

Pratica l’ascesi e compie un sacificio dal quale, dopo un anno, nasce una femmina e da lei egli procreò questa posterità, che è la posterità di Manu (op. cit.).

Nella versione riportata nel Bhàgavata PuraI a (VIII, 24, 7 e segg.) il diluvio sopraggiunge durante il sonno di Brahma.

Anche qui la rivelazione degli eventi spetta ad un pesce che poi diventerà lungo un milione di miglia. Per miracolo l’arca della salvezza è concessa al rè e al capo dei sacerdoti. Il pesce mitico è un avatara di Visnu.

Il Mito Hopi (Indiani del nord America)

Nella mitologia Hopi, le persone disobbedirono molte volte al loro creatore Sotuknang.

Egli distrasse il mondo la prima volta col fuoco, poi col gelo, e lo ricreò entrambe le volte per le persone che ancora seguivano le sue leggi, che sopravvissero nascondendosi sottoterra.

Quando le persone divennero corrotte e bellicose per la terza volta.

Sotuknang li portò dalla Donna Ragno, ed ella tagliò canne giganti e riparò le persone nelle cavità dei gambi.

Sotuknang quindi causò una grande inondazione, e le persone galleggiarono sulle acque nelle loro canne.

Le canne quindi si posarono su di una piccolo pezzo di terra, e le persone emersero, con tanto cibo quanto ne avevano all’inizio.

Le persone viaggiarono con le loro canoe, guidati dalla loro saggezza intcriore (che si dice derivò da Sotuknang).

Viaggiarono verso nord-est, passando per isole sempre più grandi, fino a che non raggiunsero il Quarto Mondo.

Quando raggiunsero il Quarto Mondo, le isole si inabissarono nell’oceano.

Mito dello Jakun (Malesia)

Secondo gli antichi abitanti della regione dello Jakun, la terra dove stiamo era solo una sottile crosta su un abisso d’acqua.

Tempo fa, Pirman, la divinità, spezzò la crosta, inondando e distruggendo il mondo.

Tuttavia, Pirman aveva creato un uomo e una donna e li aveva piazzati in una nave coperta di legno di pulai.

Quando la nave finalmente si fermò, la coppia creò una via di uscita dalla nave su un lato, e videro la terra smisurata davanti ai loro occhi in ogni dirczione, il sole non era ancora stato creato, così era buio; quando si fece la luce, videro sette piccoli arbusti di rododendro e sette piccoli ciuffi d’erba sambau.

La coppia lamentò la mancanza di progenie, ma nel tempo la donna concepì due bambini dai polpacci delle gambe, un maschio dal polpaccio destro e una femmina dal polpaccio sinistro.

Tutta l’umanità sarebbe discesa da quella coppia.

Mito del Kelantan (Malesia)

Un giorno venne organizzata una festa per una circoncisione, durante la quale vennero scelte delle bestie per combattersi l’una contro l’altra.

L’ultimo combattimento avvenne tra cani e gatti.

Durante lo scontro, una grande inondazione arrivò dalle montagne, annegando tutti ad eccezione di due o tre servitori che erano stati mandati sulle colline a raccogliere legna da ardere.

Quindi il sole, la luna, e le stelle si estinsero.

Quando la luce tornò, non esisteva più la terra, e tutte le dimore degli uomini erano state distrutte.

Australia

Secondo alcuni aborigeni australiani, durante l’era dei sogni una grande rana bevve tutta l’acqua del mondo e fece iniziare una grande siccità.

L’unica maniera per far terminare la siccità era quella di far ridere la rana.

Ci provarono gli animali da tutta l’Australia.

Quando finalmente un’anguilla ci riuscì, la rana apri i suoi occhi addormentati, il suo gigantesco corpo tremò, la sua faccia si rilassò, e, alla fine, scoppiò in una risata che risuonò come un tuono.

L’acqua eruppe dalla sua bocca in un enorme inondazione. Che riempì tutti i fiumi e coprì la terra.

Solo le montagne più alte erano visibili, come isole in mezzo al mare.

Molti uomini e animali annegarono.

I pellicani all’epoca erano completamente neri, e dipinsero se stessi con argilla bianca e passarono da isola in isola in una grande canoa, a salvare altri animali neri.

Da quei tempi, il pellicano è bianco e nero in ricordo della grande alluvione.

Mito del Centro e Sud America

I racconti Maya, Incas e Aztechi presentano tutti il Diluvio Universale come la chiusura di un’epoca, di un capitolo della storia umana.

Raffigurazione di Tezcatilpoca divinità mesoamericana che creò il diluvio per distruggere l’umanità

Cosa significa per me

II Diluvio in tutte le tradizioni arriva nel momento in cui l’umanità si corrompe, inizia a seguire troppo le sue emozioni, inizia ad essere troppo impulsiva.

Gli dei quindi puniscono il genere umano con la manifestazione esteriore di ciò che sta succedendo dentro di loro “versano” sul loro capo dell’acqua.

Il fatto poi che nella maggior parte delle tradizioni a salvarsi dal diluvio siano due anziani signori, ormai “immuni” dalla passionalità tipica della giovinezza rende ancora più manifesto questo legame tra le acque e le emozioni.

Analizzando poi il mito babilonese e quello Hopi notiamo che non è la prima distruzione che l’umanità è costretta a subire, si alternarono infatti vari tipi di distruzioni legate sempre ai 4 elementi.

Nel mito Hopi l’umanità passo prima attraverso il fuoco poi attraverso il gelo e infine attraverso il diluvio… potrebbe rappresentare una sorta di passaggio iniziatico?

Nel mito babilonese invece l’umanità passò attraverso peste, siccità e carestia… potrebbero essere collegati a aria, fuoco e terra e infine all’acqua con il diluvio?

I metodi di salvataggio poi fanno sempre riferimento a “imbarcazioni” di legno, che sia di canna, legno di palma o altro non conta è comunque una rappresentazione della terra che vince sulle acque, della materialità elevata attraverso le emozioni che le vince.

La parte spirituale in questo racconto è presente sia negli avvisi che i vari Dei danno ai salvatori sia nella vera e propria costruzione dell'”arca”.

Essa infatti viene fatta con il legno della casa da sempre simbolo dell’uomo e del tempio oppure viene creata da una sorta di figura mitologica come la Donna Ragno della tradizione Hopi.

In questo mito in pratica, secondo me, si celebra la vittoria dell’umanità purificata che ha compreso il suo posto contro quella dominata dall’emozionalità e dalla loro parte istintuale.

Nelle tradizioni orientali come quella indiana o cinese il collegamento all’acqua è anche celebrato dalla corporeità che prende il dio incaricato di annunciare la catastrofe.

 

Silvia

Il Mito di Perseo

La Mitologia è solo un dettagliato contorno del quadro che rappresenta la nostra vita, o forse la possiamo intendere proprio come lo sfondo su cui poi viene a disegnarsi l’esistenza di ogni singolo individuo?

Bisogna solo mettersi d’accordo se dargli semplicemente la funzione di cornice, oppure di elemento fondamentale che funge da guida verso il cammino di crescita dell’Uomo.

E’ a questo proposito che mi sono interrogato su Perseo …

Perseo … un Uomo o l’Umanità? Perché questa domanda: tutti non possiamo fare a meno di identificarlo  come  un  eroe. Ma  chi  è l’Eroe?

E’ l’Eroe  dentro  di noi.

Perseo  è l’archetipo  di un cammino che Uomo e Donna devono affrontare per guadagnarsi un posto nell’Universo…  nel proprio Universo.

Pensiamo  alle origini di Perseo: figlio di Zeus che, trasformatosi  in gocce d’oro, fecondò Danae, una mortale figlia del re Acriso.

Questo concepimento simboleggia la scintilla divina che ognuno di noi  possiede all’interno  del  proprio  Tempio;  quella  fiammella che va gelosamente custodita e alimentata.

Quindi, ancor prima di cominciare, il mito da’ il suo avvertimento: tutti abbiamo le stesse possibilità; basta non far spegnere quella fiamma che i nostri Genitori ci hanno donato insieme al loro seme, così prezioso da essere paragonato ad una “goccia d’oro”.

Si narra che Acriso avesse avuto dall’oracolo la notizia che avrebbe trovato la morte per mano di suo  nipote.

Per  questo  l ‘infante Perseo,  insieme  alla  madre  Dana e,  venne  abbandonato  in una cassa in mezzo al mare.

L’acqua, veicolo di tutta la materia, è colei che si porta appresso la memoria di tutte le cose; Danae e Perseo vengono custoditi nel buio, all’interno della cassa. All’esterno c’è una situazione di umido.

Il Seme Divino è custodito nella terra, una terra umida, bagnata dall’acqua salvifica che li porta ad essere ritrovati da un pescatore dell’isola di Serifo.

Così il re Polidette li accolse nella sua reggia e Perseo, circondato dall’amore della madre, crebbeforte e valoroso, come la pianta cresce sana e robusta da un buon contadino  che  la  cura  e  la protegge.

Danae è un elemento importante per Perseo, poiché rappresenta la Terra che lo  ha concepito e lo ha protetto.

Polidette,  invaghitosi di Danae, volle costringerla in tutti i modi a sposarlo, ma lei non lo ricambiò, avendo come unico pensiero suo figlio.

A quel punto Polidette chiese a Perseo di portargli la testa della Gorgone Medusa, nella speranza che morisse nell’impresa e facendo così in modo che la madre avrebbe acconsentito a sposarlo.

Perseo subisce il secondo distacco: quello della madre, della forza che lo ha cresciuto e protetto. Il primo distacco era avvenuto con l’allontanamento dalla sua Terra Natale. Bisogna allontanarsi dalle prime Terre… perché si deve imparare ad affrontare altre Terre, nuove Terre: quelle infernali e inquietanti che non si vogliono mai conoscere.

E da qui, comincia il cammino Spirituale dell’Uomo.

E’ chiaro che ogni riferimento va rapportato all’interno del proprio Essere.

Perseo non sarebbe mai riuscito nell’impresa, se Atena ed Ermes non fossero accorsi in suo aiuto.

Ma chi sono realmente questi dei? Sono la Sapienza e l’Astuzia, anche se quest’ultima è intesa pure come Intelligenza.

E’ quando ci sentiamo lontani dalla nostra Terra che possiamo chiamare in soccorso gli Dei, i nostri Dei.

Atena gli donò uno scudo lucente e ben levigato: Io scudo è il simbolo dell’Universo, infatti il guerriero che lo porta oppone il Cosmo al suo avversario.

La Sapienza dona l ‘Universo, cioè tutto quello che un uomo ha conquistato con la conoscenza, con l’apprendimento, con l’esperienza.

Nello scudo, quindi, è rappresentato tutto ciò che si ottiene trionfando, o tutto ciò che si perde morendo.

Inoltre la lucentezza fa dello scudo uno Specchio: nel momento in cui l ‘avversario si rispecchia in esso, egli può vedere tutto il suo Sapere riflesso; se è una Sapere che deriva dall’esperienza, allora egli può essere un degno avversario; altrimenti, se è un Sapere nato dal rubare il pensiero altrui, allora è in quel momento che lo scudo diventa il suo carnefice.

E lo scudo diventa sia un mezzo di difesa, come di attacco, dall’etimologia latina scindo= tagliare, fendere.

Ermes, invece, gli donò una spada.

Se è la Sapienza che ci fa imbracciare lo scudo, allora l’Intelligenza ci fa brandire la spada, simbolo della Giustizia; la Giustizia regge la spada in una mano e nell’altra una bilancia; ciò sta a significare che noi, dotati di Sapienza, possiamo ricorrere alla Giustizia, se ovviamente ne siamo degni… e sono i nostri “Dei” a comunicarcelo.

Basta non aspettare il Giudizio dal Cielo, se non perlomeno dal nostro Cielo; o ancora meglio, parlando di Giustizia, dai nostri reni…

Sì, il discorso sta proprio alla “base”: la nostra Giustizia risiede nei reni, dove ha sede il midollo, dove parte la colonna vertebrale (la famosa bilancia che la Giustizia tiene in mano).

Dobbiamo scoprire la Deità all’interno del nostro Corpo Fisico, per migliorare il nostro Corpo Spirituale.

Cos’è quest’arma che ci è stata donata?

Così come lo scudo ha l’ambivalenza di difesa e di attacco, anche la spada ha in sé un potere costruttivo:  a doppia lama rappresenta il doppio potere, il dualismo sessuale e, attraverso di esso, il Verbo fa sì che si generi qualcosa; infatti il simbolo fallico che può assumere la spada è Creatore ed è proprio Ermes (Mercurio) a fare questo dono.

La spada rimanda al simbolo della Croce, che rappresenta i quattro elementi; essa può dominarli: la spada innalzata verso il cielo genera i fulmini e funge da antenna; la spada piantata in terra da’ origine a fonti d’acqua.

Inoltre Perseo avrebbe dovuto farsi donare dalle ninfe i calzari alati, l’elmo di Ade, che rendeva invisibile, e una sacca magica, nella quale riporre la testa di Medusa.

Le ali sono il simbolo della leggerezza spirituale, del distacco dalla Terra verso il Cielo; Ermes, l ‘Intelligenza, non aveva forse le ali per volare veloce come il “Pensiero”?

L’uomo deve sviluppare il Pensiero e portare la propria Terra verso ilsuo Cielo.

Chi conosceva la dimora delle Ninfe erano le tre Graie, sorelle delle Gorgoni, nate vecchie, in quanto non avevano mai conosciuto la giovinezza.

Esse avevano un occhio e un dente che si scambiavano per poter vedere e mangiare.

Come può un vecchio ridursi  ad uno stato di decadenza così grave?

E’ qui che bisogna soffermarsi sulla differenza tra il Vecchio e l’Anziano.

L’Anziano è colui che ha conquistato la saggezza e non lascia che il tempo intacchi la sua Spiritualità.

Chi invece è privo di Spirito, chi non ha affrontato se stesso, viene corroso dagli eventi e ne diventa vittima, fino al momento in cui è costretto a condividere  un solo occhio  e un  solo dente con altri suoi simili…  e bestemmia  all’Esistenza ingiusta: costui potrà solo chiamarsi Vecchio.

Perseo, dunque l’Uomo,  si ritrova  ad  affrontare  in se stesso questo dubbio.

L’Uomo ha paura  del tempo che scorre inesorabile … e molto spesso non lo sfida; bisogna superare questa paura; affinché il susseguirsi degli eventi non intacchi il nostro Tempio, è necessario affrontarlo e fare in modo di essere Noi a decidere per noi stessi.

Perseo sfruttò la debolezza delle Graie, rubando l ‘unico occhio in cambio dell ‘ubicazione della dimora delle Ninfe.

Ora l ‘Eroe ha tutti gli strumenti a sua disposizione; è il Bagatto che può lavorare con i quattro elementi.

Volando nella Terra di Medusa, trovò uomini e animali pietrificati.

Perseo camminò all’indietro usando lo scudo come specchio.

Rappresenta l’Uomo che, ora munito della Sapienza e dell’Esperienza, cammina a ritroso nella sua terra “dannata” ad affrontare i propri Mostri. Mostro vuol dire “sconosciuto”; ed è quello che ci spaventa… l’ignoto…

L’ignoto ci fa rimanere pietrificati, in continua stasi, verso il cammino della conoscenza.

Ma se affrontato appunto con la Sapienza (lo scudo) e la Giustizia (la spada), ci porta alla scoperta e alla realizzazione di Grandi Opere.

E’ spaventoso! Ma solo perché “Mostro”, perché Sconosciuto. Ora che l ‘ignoto è stato affrontato, possiamo Creare.

Perseo tagliò la testa di Medusa e la ripose in un sacco e, dal sangue che ne sgorgò copioso sullaterra, nacque Pegaso: creatura  divina, di candido  colore, nata dalla  nera  terra attraverso  il rosso sangue. E attraverso questa nuova creatura poter volare verso Nuove Terre, dopo aver affrontato il passato e le paure.

E fu  così che Perseo volò sopra il deserto e le gocce del sangue di Medusa che toccarono la sabbia dettero origine a serpenti velenosi.

Questi serpenti, sono il simbolo a cui l’Uomo fa riferimento durante il suo ritiro spirituale.

Perseo ci ha lasciato un’eredità.

Ma il viaggio non finisce qui; bensì questo è il momento più importante di tutto il mito.

Perseo, volando sulle terre degli Etiopi, intravide una bellissima fanciulla nuda incatenata ad uno scoglio; la fanciulla era Andromeda.

Ella scontava una colpa commessa dalla madre Cassiopea, la quale si dichiarò più bella delle Nereidi (ninfe del mare).

Queste, gelose, chiesero vendetta a Poseidone, il quale inviò in quelle terre, dalle oscure profondità del mare, un mostro devastatore.Per placare la sua ira, il responso fu che Cassiopea avrebbe dovuto offrire sua figlia Andromedaalla creatura marina.

Perseo così si offrì di cambiare il destino della fanciulla,  chiedendola in sposa una volta abbattuto il mostro. Il re accettò l’offerta e Perseo, in groppa a Pegaso, cominciò l’ardua lotta, fino a che,aperta la sacca contenente la testa di Medusa, il mostro si pietrificò; nel frattempo, mentre Perseoliberava Andromeda, le Ninfe del mare rubarono un po’ del sangue dalla testa di Medusa, che acontatto con il mare, si trasformò in coralli.

E’ l’Uomo che libera la propria Anima (la donna) dallo stato materiale (lo scoglio); l’anima infatti è Per prima cosa si affronta un nuovo Mostro, perché le prove non smettono mai di porsi davanti al nostro cammino; l’Uomo- Eroe vola sulle acque, cioè sul veicolo della sua Anima e affronta il Mostro che la potrebbe divorare.

La testa di Medusa è uno “strumento del potere” che Egli è riuscito a dominare e che perciò può utilizzare nei momenti di bisogno; è uno stato di coscienza che abbiamo raggiunto …

E il nuovo Mostro può essere sconfitto …

E la propria Anima viene finalmente innalzata e fatta volare con noi nei Cieli…

E creiamo degli splendidi coralli a contatto con le acque!

Perseo innalzò tre altari: uno a Zeus, uno ad Atena  e uno a Ermes;  sono i nostri tre Fuochi interiori; sono le pietre che, attraverso il lavoro, si rendono cubiche.

Zeus è il principio creatore, fuoco dell’Eros; Atena è la Sapienza, fuoco di Philos; Ermes, Mercurio alato, è la scintilla divina, l ‘Intelligenza, fuoco di Agape. Insieme, questi tre altari, hanno elevato l’Anima di Perseo, cioè, l’Anima dell’Uomo.

C’è sempre qualcuno che reclama il diritto della propria Anima, anche se fino a poco tempo prima l ‘aveva abbandonata in balìa degli eventi.

Fineo, fratello  del re, reclamò la mano di Andromeda,  essendo suo promesso  sposo.

Ma ne aveva perso  il diritto una volta lasciato che la stessa andasse in sacrificio al mostro.

Perseo affrontò una cruenta lotta, da solo, contro tutti gli alleati di Fineo.

Tirando fuori  la testa di Medusa pietrificò  tutti.

In  realtà  Fineo  rappresenta  una  parte  di Perseo,  cioè dell’Uomo  che, dimenticatosi  della  propria Anima, la reclama volendola riportare allo scoglio a cui era legata; dobbiamo lottare con quella parte di noi, l ‘Ego, che ci induce sempre ad uno stato abitudinario.

Quando Perseo e Andromeda, ormai sposati, decisero di tornare a Serifo dalla madre Danae, scoprirono che ella era condannata a morte dal re Polidette, per non aver ricambiato il suo amore; Perseo, ancora una volta deve salvare una parte di se stesso: la sua Forza Femminile, quella con cui è cresciuto, quella che l ‘ha reso forte.

Così, attraverso il suo potere, riesce a pietrificare anche Polidette (sempre una manifestazione dell’Ego).

Ora che Polidette era morto, madre e figlio poterono finalmente  fare  ritorno alla loro terra natale, circondata dalle acque.

Argo, per riconciliarsi con re Acriso.

Perseo riconsegnati i calzari e l’elmo alle Ninfe e la spada adErmes e dopo aver donato la testa di Medusa ad Atena che la poneva  come trofeo in mezzo al suoal petto, con la madre e Andromeda salpò alla volta di Argo mentre il magico Pegaso volava viaverso  l ‘Olimpo.

Re Acriso, saputo dell’arrivo del nipote e di sua figlia, per paura dell’antica profezia fuggì via dal suo regno e riparò a Larissa  in Tessaglia.

Quindi l’Uomo può riconsegnare  tutti i mezzi con cui ha compiuto l’impresa, oramai interiorizzati, e ritornare al suo punto di origine … Ma con un’ottava superiore.

Oramai famoso  in tutte le terre conosciute, fu  invitato a partecipare  in Tessaglia a Larissa  a delle gare sportive e mentre lanciava il disco, la potenza  impressa allo stesso fece  si che questo andasse oltre gli  spalti, per  colpire  uno sfortunato  spettatore  che altri  non  era  che re Acriso  che si  era mischiato tra la folla.

ll Vecchio soccombe, affinché l’Anziano trasmetta la sua esperienza ai posteri.

Negli anni che seguirono Perseo regnò in pace e con saggezza fino alla fine dei suoi giorni,fondando tra l’altro il regno di Micene così chiamato perché un giorno poté dissetarsi presso un ruscello che era sgorgato miracolosamente  da un fungo  (mycos =fungo).

Alla sua morte, la dea Atena, per  onorare la sua gloria, lo trasformò in una costellazione cui pose affianco la sua amata Andromeda e la madre Cassiopea la cui vanità aveva fatto si che i duegiovani si incontrassero.

Ancor oggi, alzando lo sguardo verso il cielo, possiamo ammirare le trecostellazioni a ricordo della loro vita e soprattutto del grande amore dei due giovani.

Quest’ultimo  punto  del  mito,  che  sembra  meno  impegnativo,  in  realtà  vuole  dimostrare  come l’Uomo, una volta raggiunta la meta che gli darà il nome di Iniziato, non smette di ricercare e di “regnare” appunto sulla propria Terra… ma continua il suo cammino seguendo i principi  che lo hanno formato e che lo porteranno fino alle Stelle.

Dunque la Mitologia … Cornice o sfondo? O tutti e due?

La risposta, come ci insegna la storia, è personale…  Ed è proprio questo il bello delle antiche tradizioni e dei grandi artisti: creare un’opera che sia leggibile per chiunque e dove ognuno, a suo piacimento, può trovare i propri significati che fungeranno da guida per la propria vita quotidiana.

Siamo Uomini … comportiamoci da Eroi … per arrivare ad essere Dei!

Matteo