Apr 25 2016
Il Mito: il Diluvio Universale
II Diluvio universale (o anche semplicemente il Diluvio) è una storia mitologica di una grande inondazione mandata da una o più divinità per distruggere la civiltà come atto di punizione divina. E un tema ricorrente in molte varie culture. Il Mito Greco
Deucalione e Pirra, rispettivamente figli di Prometeo e Epimeteo, erano due anziani coniugi senza figli. Gli dei permisero loro di salvarsi dal diluvio che si sarebbe abbattuto sulla terra in modo che facessero rinascere l’umanità. Due autori romani hanno raccontato la storia di questo mito greco: Ovidio nelle Metamorfosi e Igino Astronomo nelle Fabuiae. Si racconta che Deucalione e Pirra ebbero, come premio per la loro virtù, diritto ad un desiderio o ad un oracolo a Temi. Essi chiesero di avere con loro altre persone. Zeus, o l’oracolo consiglia allora ai due superstiti di gettare pietre oppure “le ossa della loro madre” dietro la loro schiena. Essi comprendono che si tratta della Terra perché sono figli di Titani. Queste non appena toccano terra si mutano in persone, in uomini quelle scagliate da Deucalione, in donne quelle scagliate da Pirra. Questa è l’origine della parola laos (“popolo”), poiché in greco Laas significa pietra. II mito è spesso collocato nell’Epiro, sull’Etna o in Tessaglia. Mito Babilonese L’epopea babilonese di Gilgamesh racconta le avventure di Utanapishtim, originario di Shuruppak, che Gilgamesh incontra mentre cerca l’immortalità. Ellil (equivalente di Eniil), signore degli dei, vuole distruggere l’umanità con un diluvio, esortato dalla dea Ishtar, offesa del rifiuto di fidanzamento. Non è la prima volta che l’umanità viene distrutta infatti lo fu anche altre 4 volte: peste, siccità e carestia. Il dio Ea (equivalente di Enki) consiglia ad Uta-Napishtim di distruggere la sua casa di canne e di utilizzarne il materiale per costruire un’arca, che deve caricare con oro, argento, e la semenza di tutte le creature viventi e anche di tutti i suoi artigiani.
Dopo una tempesta durata sette giorni ed altri dodici giorni passati alla deriva sulle acque, l’imbarcazione si arena sul monte Nizir. Dopo altri sette giorni Uta-Napishtim manda fuori una colomba, che ritoma, poi una rondine, che toma indietro anch’essa. Il corvo, alla fine, non ritoma. Allora Uta-Napishtim fa sacrifici agli dei a gruppi di 7. Quelli sentono il prorumo delle carni arrostite e affluiscono “come le mosche”. Ellil è infuriato che gli umani siano sopravvissuti, ma Ea lo rimprovera: “Come hai potuto mandare un diluvio in questo modo, senza riflettere? Lascia che il peccato riposi sul peccatore, e il misfatto sul malfattore. Fermati, non lasciare che accada ed abbi pietà [che gli uomini non periscano]”. Uta-Napishtim e sua moglie ricevono allora il dono dell’immortalità, e se ne vanno ad abitare “lontano, alla foce dei fiumi”. Mito Ebraico-Cristiano Islamico Il protagonista del racconto biblico, che occupa il settimo e l’ottavo capitolo della Genesi, è Noè. Incaricato da Dio di costruire un’arca per raccogliere tutti gli animali terrestri, all’inizio della catastrofe si rifugia all’interno dell’imbarcazione con la moglie, i figli e le loro mogli. Per quaranta giorni e quaranta notti la tempesta ricopre la superficie terrestre, fino alle montagne più alte; dopo ottanta giorni Dio fa cessare vento e pioggia e le acque cominciano a ritirarsi.
L’arca – sempre secondo il racconto biblico – si arena sul monte Ararat: Noè decide quindi di lasciare andare un corvo per capire se le acque si sono abbassate completamente. L’uccello però non fa più ritorno, e decide di impiegare una colomba. La prima volta torna indietro perché non trova una superficie dove posarsi; al secondo tentativo fa ritorno portando un ramo d’ulivo in bocca, a significare che la terra è nuovamente visibile; la terza volta la colomba non toma, e Dio ordina a Noè di scendere dall’arca mentre nel cielo appare uno sfolgorante arcobaleno, segno della nuova alleanza tra Dio e gli uomini. Secondo l’esegesi della Religione ebraica con il diluvio ebbe termine la discendenza di Caino. Inoltre nell’era messianica gli appartenenti alla generazione punita con il diluvio non resusciteranno. Per l’Isiam al diluvio sopravvissero Noè e i suoi figli tranne uno con la moglie che si rifiutò di salire sull’arca. L’Arca coranica si posò sul monte Judi in Iraq. Il Mito Indiano Il mito del diluvio è presente nel Satapatha Brahmal a ( I, 8, 1). Manu incontra un pesce mitico nell’acqua che gli era stata portata per lavarsi. Esso gli promette di salvarlo se egli, a sua volta, lo salverà. Manu conserva il pesce in un vaso, poi lo porta al mare. Si costruisce un battello e, nell’anno predetto dal pesce, avviene il diluvio. Il pesce nuota verso il battello di Manu e aggancia il suo como all’imbarcazione conducendola fino alla montagna del nord.
Manu è l’unico essere umano sopravvissuto. Pratica l’ascesi e compie un sacificio dal quale, dopo un anno, nasce una femmina e da lei egli procreò questa posterità, che è la posterità di Manu (op. cit.). Nella versione riportata nel Bhàgavata PuraI a (VIII, 24, 7 e segg.) il diluvio sopraggiunge durante il sonno di Brahma. Anche qui la rivelazione degli eventi spetta ad un pesce che poi diventerà lungo un milione di miglia. Per miracolo l’arca della salvezza è concessa al rè e al capo dei sacerdoti. Il pesce mitico è un avatara di Visnu. Il Mito Hopi (Indiani del nord America) Nella mitologia Hopi, le persone disobbedirono molte volte al loro creatore Sotuknang. Egli distrasse il mondo la prima volta col fuoco, poi col gelo, e lo ricreò entrambe le volte per le persone che ancora seguivano le sue leggi, che sopravvissero nascondendosi sottoterra. Quando le persone divennero corrotte e bellicose per la terza volta. Sotuknang li portò dalla Donna Ragno, ed ella tagliò canne giganti e riparò le persone nelle cavità dei gambi. Sotuknang quindi causò una grande inondazione, e le persone galleggiarono sulle acque nelle loro canne. Le canne quindi si posarono su di una piccolo pezzo di terra, e le persone emersero, con tanto cibo quanto ne avevano all’inizio. Le persone viaggiarono con le loro canoe, guidati dalla loro saggezza intcriore (che si dice derivò da Sotuknang). Viaggiarono verso nord-est, passando per isole sempre più grandi, fino a che non raggiunsero il Quarto Mondo. Quando raggiunsero il Quarto Mondo, le isole si inabissarono nell’oceano. Mito dello Jakun (Malesia) Secondo gli antichi abitanti della regione dello Jakun, la terra dove stiamo era solo una sottile crosta su un abisso d’acqua. Tempo fa, Pirman, la divinità, spezzò la crosta, inondando e distruggendo il mondo. Tuttavia, Pirman aveva creato un uomo e una donna e li aveva piazzati in una nave coperta di legno di pulai. Quando la nave finalmente si fermò, la coppia creò una via di uscita dalla nave su un lato, e videro la terra smisurata davanti ai loro occhi in ogni dirczione, il sole non era ancora stato creato, così era buio; quando si fece la luce, videro sette piccoli arbusti di rododendro e sette piccoli ciuffi d’erba sambau. La coppia lamentò la mancanza di progenie, ma nel tempo la donna concepì due bambini dai polpacci delle gambe, un maschio dal polpaccio destro e una femmina dal polpaccio sinistro. Tutta l’umanità sarebbe discesa da quella coppia. Mito del Kelantan (Malesia) Un giorno venne organizzata una festa per una circoncisione, durante la quale vennero scelte delle bestie per combattersi l’una contro l’altra. L’ultimo combattimento avvenne tra cani e gatti. Durante lo scontro, una grande inondazione arrivò dalle montagne, annegando tutti ad eccezione di due o tre servitori che erano stati mandati sulle colline a raccogliere legna da ardere. Quindi il sole, la luna, e le stelle si estinsero. Quando la luce tornò, non esisteva più la terra, e tutte le dimore degli uomini erano state distrutte. Australia Secondo alcuni aborigeni australiani, durante l’era dei sogni una grande rana bevve tutta l’acqua del mondo e fece iniziare una grande siccità. L’unica maniera per far terminare la siccità era quella di far ridere la rana. Ci provarono gli animali da tutta l’Australia. Quando finalmente un’anguilla ci riuscì, la rana apri i suoi occhi addormentati, il suo gigantesco corpo tremò, la sua faccia si rilassò, e, alla fine, scoppiò in una risata che risuonò come un tuono. L’acqua eruppe dalla sua bocca in un enorme inondazione. Che riempì tutti i fiumi e coprì la terra. Solo le montagne più alte erano visibili, come isole in mezzo al mare. Molti uomini e animali annegarono. I pellicani all’epoca erano completamente neri, e dipinsero se stessi con argilla bianca e passarono da isola in isola in una grande canoa, a salvare altri animali neri. Da quei tempi, il pellicano è bianco e nero in ricordo della grande alluvione. Mito del Centro e Sud America I racconti Maya, Incas e Aztechi presentano tutti il Diluvio Universale come la chiusura di un’epoca, di un capitolo della storia umana.
Cosa significa per me II Diluvio in tutte le tradizioni arriva nel momento in cui l’umanità si corrompe, inizia a seguire troppo le sue emozioni, inizia ad essere troppo impulsiva. Gli dei quindi puniscono il genere umano con la manifestazione esteriore di ciò che sta succedendo dentro di loro “versano” sul loro capo dell’acqua. Il fatto poi che nella maggior parte delle tradizioni a salvarsi dal diluvio siano due anziani signori, ormai “immuni” dalla passionalità tipica della giovinezza rende ancora più manifesto questo legame tra le acque e le emozioni. Analizzando poi il mito babilonese e quello Hopi notiamo che non è la prima distruzione che l’umanità è costretta a subire, si alternarono infatti vari tipi di distruzioni legate sempre ai 4 elementi. Nel mito Hopi l’umanità passo prima attraverso il fuoco poi attraverso il gelo e infine attraverso il diluvio… potrebbe rappresentare una sorta di passaggio iniziatico? Nel mito babilonese invece l’umanità passò attraverso peste, siccità e carestia… potrebbero essere collegati a aria, fuoco e terra e infine all’acqua con il diluvio? I metodi di salvataggio poi fanno sempre riferimento a “imbarcazioni” di legno, che sia di canna, legno di palma o altro non conta è comunque una rappresentazione della terra che vince sulle acque, della materialità elevata attraverso le emozioni che le vince. La parte spirituale in questo racconto è presente sia negli avvisi che i vari Dei danno ai salvatori sia nella vera e propria costruzione dell'”arca”. Essa infatti viene fatta con il legno della casa da sempre simbolo dell’uomo e del tempio oppure viene creata da una sorta di figura mitologica come la Donna Ragno della tradizione Hopi. In questo mito in pratica, secondo me, si celebra la vittoria dell’umanità purificata che ha compreso il suo posto contro quella dominata dall’emozionalità e dalla loro parte istintuale. Nelle tradizioni orientali come quella indiana o cinese il collegamento all’acqua è anche celebrato dalla corporeità che prende il dio incaricato di annunciare la catastrofe.
|
||||||||||
Silvia
|