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Il Verbo e il Simbolo

L’uomo, simbolo dell’universo

Abbiamo già avuto occasione di parlare dell’importanza della forma simbolica nella trasmissione degli insegnamenti dottrinali d’ordine tradizionale.

Ritorniamo su questo argomento per apportare qualche precisazione complementare e mostrare ancor più esplicitamente i diversi punti di vista sotto i quali può essere considerato.

Anzitutto, il simbolismo ci appare adatto in modo speciale alle esigenze della natura umana, che non è una natura puramente intellettuale, ma ha bisogno d’una base sensibile per elevarsi verso le sfere superiori.

Occorre prendere il composto umano qual esso è, uno e molteplice al tempo stesso nella sua complessità reale; troppo spesso si ha la tendenza a dimenticarlo, da quando Descartes ha preteso di stabilire fra l’anima e il corpo una separazione radicale e assoluta.

Per una pura intelligenza, sicuramente, nessuna forma esteriore, nessuna espressione è richiesta per comprendere la verità, e neppure per comunicare ad altre pure intelligenze ciò che essa ha compreso nella misura in cui è comunicabile; ma non è così per l’uomo.

In fondo, ogni espressione, ogni formulazione, qualunque essa sia, è un simbolo del pensiero che essa traduce esteriormente; in questo senso, il linguaggio stesso non è altro che un simbolismo.

Non vi deve dunque essere opposizione tra l’impiego delle parole e quello dei simboli figurativi; questi due modi d’espressione sarebbero piuttosto complementari l’uno all’altro (e del resto, di fatto,essi possono combinarsi, giacché la scrittura è originariamente ideografica e in certi casi, come in Cina, ha sempre conservato questo carattere).

In generale, la forma del linguaggio è analitica, ‘discorsiva’ come la ragione umana di cui esso è lo strumento proprio e di cui segue o riproduce il cammino con la massima esattezza possibile; al contrario, il simbolismo propriamente detto è essenzialmente sintetico, e per ciò stesso ‘intuitivo’ in qualche maniera, il che lo rende più idoneo del linguaggio a servire da base all” ‘intuizione intellettuale’, che è al di sopra della ragione, e che occorre star bene attenti a non confondere con quella intuizione inferiore alla quale si appellano diversi filosofi contemporanei.

Di conseguenza, se non ci si accontenta di constatare una differenza e si vuol parlare di superiorità, questa andrà attribuita, checché pretendano alcuni, al simbolismo sintetico, che apre possibilità di concezione veramente illimitate, mentre il linguaggio, caratterizzato da significati più definiti e più fermi, pone sempre alla comprensione limiti più o meno stretti.

Non si venga dunque a dire che la forma simbolica è buona solo per il volgo; sarebbe piuttosto vero il contrario; o, meglio ancora, essa è ugualmente buona per tutti, poiché aiuta ciascuno a comprendere più o meno completamente, più o meno profondamente la verità che rappresenta, secondo la misura delle proprie possibilità intellettuali.

Così, le verità più alte, che non sarebbero in alcun modo comunicabili o trasmissibili con qualsiasi altro mezzo, lo divengono fino a un certo punto quando sono, se così si può dire, incorporate in simboli i quali le dissimuleranno senza dubbio a molti, ma le manifesteranno in tutto il loro splendore agli occhi di coloro che sanno vedere.

Il Pentalfa pitagorico

Dovremo dire che l’uso del simbolismo è una necessità?

Qui bisogna fare una distinzione: in sé e in modo assoluto, nessuna forma esteriore è necessaria; tutte sono ugualmente contingenti e accidentali in rapporto a ciò che esse esprimono o rappresentano.

È così che, secondo l’insegnamento degli Indù, una figura qualunque, per esempio una statua simboleggiante questo o quell’ aspetto della Divinità, non deve essere considerata che come un ‘supporto’, un punto d’appoggio per la meditazione;è dunque un semplice ‘coadiuvante’, e niente più.

Un testo vedico fornisce al riguardo un paragone che illumina perfettamente questo ruolo dei simboli e delle forme esteriori in genere: sono come il cavallo che permette a un uomo di compiere un viaggio più rapidamente e con assai minor fatica che se dovesse farlo con i propri mezzi.

Certo, se quest’uomo non avesse cavalli a sua disposizione, potrebbe malgrado tutto giungere alla sua meta, ma con quanta maggior difficoltà!

Se può servirsi d’un cavallo, avrebbe davvero torto a rifiutarsi di farlo col pretesto che è più degno di lui non ricorrere ad alcun aiuto; e non è proprio così che agiscono i detrattori del simbolismo?

E inoltre se il viaggio è lungo e faticoso, benché non vi sia mai un’impossibilità assoluta di farlo a piedi, può ugualmente esserci una vera e propria impossibilità pratica di venirne a capo.

Così è dei riti e dei simboli: essi non sono necessari di una necessità assoluta, ma lo sono in certo modo di una necessità di convenienza, tenendo presenti le condizioni della natura umana.

Ma non basta considerare il simbolismo dal lato umano comea bbiamo fatto sin qui; conviene, per penetrarne tutta la portata, esaminarlo anche dal lato divino, se è lecito esprimersi così.

Già se si constata che il simbolismo trova il suo fondamento nella natura stessa degli esseri e delle cose, che esso è in perfetta conformità con le leggi di questa natura, e se si riflette che le leggi naturali non sono, in fondo, che un’espressione e come un’esteriorizzazione della Volontà divina, tutto ciò non autorizza forse ad affermare che il simbolismo è di origine «non umana», come dicono gli Indù, o, in altri termini, che il suo principio risale più lontano e più in alto dell’umanità?

Labirinto, simbolo del percorso iniziatico

Non senza ragione si sono potute richiamare, a proposito di simbolismo, le prime parole del Vangelo di san Giovanni « In principio era il Verbo ».

Il Verbo, il Logos, è a un tempo Pensiero e Parola: in sé, è l’Intelletto divino, che è il ‘luogo dei possibili’; in rapporto a noi, si manifesta e si esprime per mezzo della Creazione, in cui si realizzano nell’esistenza attuale alcuni di questi stessi possibili che, in quanto essenze, sono contenuti in Lui da tutta l’eternità.

La Creazione è l’opera del Verbo; essa è anche, e proprio per questo, la sua manifestazione, la sua affermazione esteriore; ed è per ciò che il mondo è come un linguaggio divino per coloro che sanno comprenderlo: Caelie narrant gloriam Dei(Salmi,xix, 2).

Il filosofo Berkeley non aveva dunque torto quando diceva che il mondo è «il linguaggio che lo Spirito infinito parla agli spiriti finiti» ; ma aveva torto a credere che tale linguaggio sia solo un insieme di segni arbitrari, mentre in realtà non c’è niente di arbitrario neppure nel linguaggio umano, dovendo ogni significazione avere all’origine il suo fondamento in qualche convenienza o armonia naturale fra il segno e la cosa significata.

Appunto perché Adamo aveva ricevuto da Dio la conoscenza della natura di tutti gli esseri viventi, egli potè nominarli (Genesi,n, 19-20); e tutte le tradizioni antiche concordano nell’insegnare che il vero nome di un essere non è che una sola cosa con la sua natura o la sua stessa essenza.

Se il Verbo è Pensiero all’interno e Parola all’esterno, e se il mondo è l’effetto della Parola divina proferita all’origine dei tempi, la natura stessa può esser presa come simbolo della realtà soprannaturale.

Tutto ciò che è, sotto qualsiasi modalità si trovi, avendo il suo principio nell’Intelletto divino, traduce o rappresenta questo principio secondo la sua maniera e secondo il suo ordine d’esistenza; e, così, da un ordine all’altro, tutte le cose si concatenano e si corrispondono per concorrere all’armonia universale e totale, che è come un riflesso dell’Unità divina stessa.

Tale corrispondenza è il vero fondamento del simbolismo ed è per ciò che le leggi di un àmbito inferiore possono sempre esser prese per simboleggiare le realtà d’un ordine superiore, ove esse hanno la loro ragione profonda, che è nello stesso tempo il loro principio e la loro fine.

Segnaliamo in questa occasione l’errore delle moderne interpretazioni ‘naturalistiche’ delle antiche dottrine tradizionali, interpretazioni che semplicemente rovesciano la gerarchia dei rapporti fra i diversi ordini di realtà : ad esempio,i simboli o i miti non hanno mai avuto il compito di rappresentare il movimento degli astri, ma la verità è che vi si trovano spesso delle figure ispirate a esso e destinate a esprimere analogicamente tutt’altra cosa, poiché le leggi di tale movimento traducono fisicamente i princìpi metafisici da cui dipendono.

L’inferiore può simboleggiare il superiore, ma l’inverso è impossibile; d’altronde, se il simbolo non fosse più prossimo all’ordine sensibile di ciò che rappresenta, in che modo potrebbe svolgere la funzione alla quale è destinato?

Nella natura, il sensibile può simboleggiare il soprasensibile; l’intero ordine naturale può, a sua volta, essere un simbolo dell’ordine divino; e, d’altra parte, se si considera più particolarmente l’uomo, non è legittimo dire che egli stesso è un simbolo per il fatto che è «creato a immagine di Dio» (Genesi, i, 26-27)?

Simbolo del Sacro Cuore

Aggiungiamo ancora che la natura acquista tutto il suo significato solo quando si considera che essa fornisca un mezzo per elevarsi alla conoscenza delle verità divine, che è precisamente anche il compito essenziale che abbiamo riconosciuto al simbolismo.

Queste considerazioni potrebbero essere sviluppate quasi indefinitamente; ma preferiamo lasciare a ciascuno la cura di farlo con uno sforzo di riflessione personale, poiché nulla potrebbe esser più proficuo; come i simboli che ne sono l’argomento, queste note devono soltanto essere un punto di partenza per la meditazione.

Le parole, d’altronde, possono rendere solo assai imperfettamente ciò di cui trattiamo; non dimeno, c’è ancora un aspetto della questione, e non dei meno importanti, che cercheremo di far comprendere o almeno intuire dando una breve indicazione.

Il Verbo divino si esprime nella Creazione, dicevamo, e questo è paragonabile, analogicamente e fatte le dovute proporzioni, al pensiero che si esprime nelle forme (non c’è più motivo quidi fare una distinzione fra il linguaggio e i simboli propriamente detti) che lo velano e lo manifestano a un tempo.

La Rivelazione primordiale, opera del Verbo come la Creazione, s’incorpora, percosì dire, anch’essa nei simboli che si sono trasmessi di epoca in epoca a partire dalle origini dell’umanità; e tale processo è ancora una volta analogo, nel suo ordine, a quello della Creazione stessa.

D’altra parte, non si può vedere, in questa incorporazione simbolica della tradizione ‘non umana’, una sorta d’immagine anticipata, di ‘prefigurazione’ dell’Incarnazione del Verbo?

E questo non permette anche di percepire, in una certa misura, il misterioso rapporto esistente fra la Creazione e l’Incarnazione che ne è il coronamento?

Termineremo con un’ultima osservazione relativa all’importanza del simbolo universale del Cuore e più particolarmente della forma che esso riveste nella tradizione cristiana, quella del Sacro Cuore.

Se il simbolismo è nella sua essenza strettamente conforme al ‘piano divino’, e se il Sacro Cuore è il centro dell’essere, realmente e simbolicamente insieme, questo simbolo del Cuore, in se stesso o nei suoi equivalenti, deve occupare in tutte le dottrine derivate più o meno direttamente dalla tradizione primordiale, un posto propriamente centrale.

 

Renè Guenon

Il Vaso Alchemico come Simbolo dell’Anima

In quanto studiosi della tradizione ermetica, tutti noi riconosciamo che l’opera alchemica si sviluppa su numerosi livelli: il lavoro fisico sulle sostanze, l’esperienza e la manipolazione delle forze eteriche, il lavoro interiore sull’anima, al pari degli aspetti cosmologico-planetari.

Questi differenti aspetti dell’opera si interconnettono e si sovrappongono l’uno con l’altro.

In effetti, in un certo senso, se vogliamo fare qualche progresso nel lavoro alchemico, dobbiamo necessariamente perseguire parallelamente questi differenti obiettivi, affiancando lo sviluppo interiore al lavoro esteriore.

Un simbolo che si ricollega a questa molteplicità di aspetti dell’opera è quello del vaso alchemico.

Nigredo, Albedo, Rubedo

In questo articolo desidero sottolineare alcuni modi con cui possiamo usare questo simbolo per i nostri esercizi interiori.

La tradizione dello sviluppo interiore in alchimia, si persegue trasponendo le trasformazioni ed i procedimenti alchemici sul piano interiore.

Come in ogni pratica esoterica, l’interiorizzazione dell’esperienza può produrre squilibri nelle potenti energie psichiche che noi evochiamo durante il lavoro interiore, a meno che non troviamo dei mezzi per contenere queste energie.

Nella tradizione dei rituali magico-cerimoniali, gli operatori usano normalmente una apertura ed una chiusura del rituale che funge da struttura di contenimento e salvaguarda dalla dissipazione le energie suscitate durante il lavoro.

Similmente, in molte tradizioni meditative, un esercizio di apertura ed uno di chiusura (talvolta basati sulla ritmizzazione della respirazione) aiutano a riconnettere e riancorare il meditante con il normale stato di coscienza, così da non lasciarlo in uno stato di dissociazione ed instabilità, sospeso tra il mondo interiore e quello esteriore.

Nel nostro lavoro interiore, troveremo nel simbolo del vaso un inestimabile mezzo per contenere le energie interiori e permettere loro di operare nella nostra interiorità, in modo controllato e positivo.

Così, in un certo senso, il vaso alchemico può essere un simbolo interiore dalla valenza protettiva, proprio come il cerchio del cerimoniale magico o il tempio astrale di una loggia esoterica operativa, o gli esercizi di respirazione di una tradizione meditativa.

Le energie evocate lavorando con i processi alchemici, come ho detto, possono essere potenti e distruttive per la psiche ed un incontro diretto con queste energie trasformative non dovrebbe avvenire in modo improvviso.

Solo attraverso il lungo e ripetuto lavoro interiore possiamo arrivare alla diretta esperienza di queste energie nella loro forma più originaria e fondamentale.

Il Vaso Alchemico

L’incontro iniziale è in genere effimero e soffocato da correnti emotive.

Solo se avremo la pazienza degli alchimisti di ripetere instancabilmente l’esperienza spirituale, covando sul nostro alambicco interiore, riusciremo a intravedere sia pure un barlume del vero fine della trasmutazione alchemica.

E’ dunque di somma importanza soffermarci sulla natura del vaso alchemico al fine di avere qualche indicazione sull’uso di questo simbolo nel nostro lavoro interiore.

Prima di tutto dovremo considerare i simboli come schemi di energia.

In senso exoterico le cose stanno esattamente così, essendo ovvio che ogni manifestazione simbolica prenda forma nella nostra coscienza mentale come una manifestazione di natura elettro-chimica all’interno della rete neuronica del nostro cervello.

Tuttavia, su di un piano più profondo ed esoterico, un simbolo è lo schema delle energie eteriche sottese alla sua manifestazione in varie forme.

Quando meditiamo su di un simbolo noi lo troveremo necessariamente mutevole nelle forme; ciò ci consentirà di intuire che la vera natura del simbolo è riposta nel suo schema energetico.

Vi sono molte differenti forme di vaso descritte e disegnate nella letteratura e nella tradizione iconografica dell’alchimia.

Esiste un’apparente molteplicità di forme di storte, pellicani, bagnomaria, alambicchi, cucurbite etc..

Tuttavia, nel lavoro interiore noi troveremo che tutte queste differenti forme esteriori si riducono a tre forme archetipali, che possiamo identificare nel CROGIOLO, nella STORTA e nell’ALAMBICCO.

Crogiolo

Il crogiolo è essenzialmente un vaso aperto, una tazza, un mortaio o un calderone aperto all’esterno ma capace di contenere della materia.

Le sostanze e gli schemi energetici possono essere messi nel crogiolo ed essere trattati con diversi agenti, ed alcune parti di queste sostanze possono anche essere eliminate o rimosse al fine di dare il via a un processo di purificazione.

Tale procedimento è spesso descritto come ottenibile attraverso la somministrazione del calore.

In altri termini, un minerale viene messo nel crogiolo, che viene poi scaldato, il metallo si separa dal minerale e varie impurità vengono disperse nell’aria, oppure le scorie solide si separano dalla superficie del metallo fuso. In questo modo la materia prima, il minerale, viene trasformato nel metallo puro.

Comunque, la caratteristica essenziale di questo tipo di vaso e delle operazioni interiori ad esso correlate è la sua apertura. Una trasformazione vi può avvenire perché certe energie o impurità vengono lasciate libere di separarsi e dissiparsi.

La cottura non è essenziale in questo particolare processo alchemico. L’azione di un sale coniugato ad un acido per produrre una effervescenza o per produrre un gas, è un altro esempio esteriore di questo processo, come anche la lenta precipitazione o cristallizzazione di un solido in una soluzione.

Quando interiorizziamo il crogiolo nella nostra anima, immaginiamo dentro di noi un vaso aperto, che permette di filtrare le impurità e ogni altro aspetto indesiderato del lavoro, così come di accogliere sostanze e forze provenienti dall’universo spirituale.

In questo senso, il crogiolo interiore è un calice, la cui parte inferiore contiene e custodisce una sostanza o una costellazione di forze, mentre la parte alta rimane aperta alle influenze spirituali universali.

Realizzazione dell’oro alchemico

Le energie indesiderate possono liberamente scorrere fuori dal nostro crogiolo e dissolversi nel flusso universale, e, nella direzione opposta, le energie positive possono essere raccolte dal mondo spirituale, libere di discendere nel fondo del nostro vaso interiore.

Questo processo può essere un moderato e delicato fluire oppure, in alternativa, si può scaldare il nostro crogiolo interiore grazie all’azione di potenti correnti di energie emozionali, che, all’occorrenza, forzino le trasformazioni.

Infatti, quando siamo divenuti esperti nell’utilizzo di queste tecniche queste tecniche possiamo evocare rapidamente e con atto consapevole ambedue queste diverse esperienze: il flusso gentile e delicato e la fase fiera ed attiva, la precipitazione o la cristallizzazione, e, in particolari fasi del lavoro, queste diverse esperienze possono essere applicate alternativamente nel creare una polarità all’interno dell’esperienza interiore, cosa che può aiutarci nel portare a buon fine la nostra opera.

Di solito, dunque affrontiamo questi esercizi ponendo alcuni schemi di energia simbolici nel nostro crogiolo interiore, aprendo poi noi stessi alle particolari trasformazioni che possono avvenire a partire da questo esercizio – calcinazione, purificazione, cristallizzazione, dissoluzione etc..

La Storta alchemica, nel suo senso archetipale, è invece un fiasco sigillato.

In questo lavoro interiore noi immaginiamo la nostra anima come interamente isolata da ambedue le realtà, sia quella corporea esterna che quella spirituale.

Quando noi approcciamo questo esercizio, noi abbiamo tutto quel che ci serve all’interno della sfera della nostra storta interiore, e, per tutta la durata di questo lavoro, ci troviamo in una situazione di completa autoreferenzialità e ci affidiamo per la realizzazione del cambiamento interiore alle sole forze che in quel momento abbiamo in noi.

Dobbiamo lavorare per provocare una trasformazione in questi schemi energetici, senza affidarci ad alcuna forza esterna.

E’ molto importante, dunque, se vogliamo intraprendere tali esercizi interiori in modo positivo e con qualche speranza di ottenere risultati soddisfacenti, prepararci e porre nella nostra storta interiore tutte le energie ed i simboli necessari per il processo.

Di conseguenza, lavorare con questo particolare esercizio richiede un certo grado di preparazione.

L’esercizio della storta alchimistica è utile specialmente per lavorare alla sintesi interiore delle polarità.

Noi poniamo gli schemi energetici polarizzati legati a, diciamo, uno specifico insieme di simboli, nella nostra fiaschetta interiore ben sigillata, e lasciamo che agiscano indisturbati, interagendo e giungendo ad una nuova sintesi.

Il simbolo più comune negli scritti alchemici è l’uomo chiuso in una fiasca con una donna, dalla cui unione viene alla luce un bambino.

Di conseguenza diventa chiaro che le forze attivate da questo esercizio sono le nostre componenti maschili e femminili.

Le componenti maschile e femminile

Ponendo questi schemi di energia simbolica nella nostra storta interiore ed evocando la maniera in cui essi si manifestano e risuonano nel nostro essere, noi possiamo ottenere un contatto con queste componenti psichiche, un incontro positivo.

Altre polarità con cui possiamo provare a lavorare sono le nostre capacità logiche e gli aspetti emozionali ed intuitivi, oppure il corpo e lo spirito, o ancora il nostro timore della luce spirituale e la nostra paura della profonda tenebra insita alla materia, oppure possiamo considerare i processi di vita e morte o crescita ed invecchiamento.

Dovremo considerare la storta alchemica come un grembo, una matrice in cui il processo di gestazione della nuova nascita avvenga in noi in maniera sicura, per conquistare il suo posto in noi.

Se lavoreremo con la nostra storta alchemica per un periodo sufficiente di tempo, noi incominceremo a comprendere l’importanza di questo spazio nella nostra anima, e lo considereremo come una zona creativa di lavoro interiore.

I processi alchemici che avvengono in questa storta abitualmente implicano l’incontro delle opposte polarità, come ad esempio Separazione e Congiunzione, o Dissoluzione e Coagulazione.

Talvolta possiamo scoprire che la nostra storta interiore si annerisce e nulla sembra avvenire per un lungo periodo di tempo, ma se allora persevereremo, vedremo avvenire i cambiamenti – probabilmente all’inizio si tratterà di semplici barlumi – che dopo un numero sufficiente di ripetizioni delle nostre esperienze, possono dar luogo al sorgere di alcune nuove esperienze interiori.

In altre fasi la storta potrà essere piena di movimento ed iridescenti giochi di colore, forme mutevoli, ed in questo caso dovremo aspettare prima di poter trovare finalmente un punto d’appoggio solido, su cui la nostra esperienza interiore possa crescere.

Un simbolo o disegno di energia spesso incontrato in questa fase è l’albero o la pianta che fiorisce nello spazio della nostra storta interiore.

Storta

Un altro simbolo è quello dell’uccello che spicca il volo e ricade dal cielo del nostro mondo interiore.

L’ultimo vaso interiore che vorrei prendere in considerazione è l’alambicco.

Quando tentiamo di approcciare il nostro mondo interiore mediante l’uso di questa rappresentazione simbolica, dovremmo avere l’impressione di stare estraendo un’essenza da uno dei processi interiori, purificandola e raccogliendola nel nostro essere in modo che diventi una risorsa interiore reale cui potremo attingere a volontà.

Questa operazione alchemica corrisponde in qualche modo nel nostro quotidiano esteriore al modo in cui una esperienza di comprensione di qualche aspetto del nostro mondo può interamente trasformare la nostra relazione con esso.

Ad esempio la nostra reazione iniziale di fronte ad un nuovo passo della tecnologia, o ad un lavoro non familiare, è una prova carica di incertezze e viziata dalle difficoltà che noi proiettiamo su quella tecnologia o quel lavoro.

Se noi riusciamo a capire il funzionamento del nuovo strumento, o riusciamo a capire come si compiono i movimenti di quel determinato lavoro, allora il nostro modo di usare il congegno o di svolgere il lavoro cambia in modo radicale.

La polarità elettro-chimico-magnetica nel vaso

Un processo simile avviene nella nostra interiorità mediante l’esercizio della distillazione interiore, per quanto si tratti di un piano più sottile.

In questo caso prendiamo una determinata qualità positiva del nostro essere, come la nostra creatività, la nostra sensibilità agli altri, o la nostra capacità di formulare pensieri chiari e profondi, e troviamo alcuni simboli che catturino (o almeno avvolgano) l’essenza di questa qualità.

Poi poniamo questi simboli nel nostro alambicco interiore e nella nostra meditazione permettiamo a questi simboli di interagire.

A un determinato punto del lavoro interiore, dovremmo sentire un’essenza sorgere e separarsi dai simboli specifici e dai sentimenti connessi con la qualità prescelta.

Se incoraggiamo questa manifestazione potremo vivere l’esperienza interiore di elevare quest’essenza e di raccoglierla nella parte superiore della nostra anima.

E’ allora che diviene tintura.

Se scegliamo di lavorare con quest’esercizio sulla nostra creatività, poniamo nel nostro alambicco interiore la nostra idea della sorgente della nostra creatività, rappresentazioni delle nostre passate creazioni o del lavoro che abbiamo in corso, memorie delle correnti emozionali connesse con la nostra esperienza creativa, simboli universali della creatività e così via.

In un esercizio di meditazione di questo tipo, che padroneggeremo solo dopo molte sessioni, evochiamo tutto questo materiale nel nostro alambicco interiore e sorvegliamo il processo ed i mutamenti che vi avvengono.

Ad esempio, a un certo punto potremo fare esperienza dell’inversione di polarità di vari simboli.

Magari all’inizio crediamo che il nostro impulso creativo sia interamente impegnato nella ricerca di una forma ideale e vedremo questa immagine ideale trasformarsi istantaneamente nella sua antitesi, talvolta brutta ed informe, o in un ciclo di metamorfosi che producono schemi disturbanti nel nostro essere.

A un certo punto questa fase si concluderà e troveremo qualche simbolo o percezione emozionale emersi dalla meditazione che cattureranno l’essenza della nostra creatività (o di ciò su cui avremo scelto di lavorare).

Se nutriamo e sosteniamo questa essenza, allora noi le consentiremo di sorgere e svilupparsi nella nostra anima e la sentiremo permanere come una specie di tintura nel nostro mondo interiore.

Soluzione perfetta con la nascita del bambino

Se questa tintura viene fissata nel nostro essere, allora potremo richiamare l’esperienza a nostro piacimento.

A questo punto scopriremo che una parte delle nostre forze interiori trattengono una eco di tutto il lavoro meditativo intrapreso fino a quel momento e possiamo riconnetterci con questo serbatoio interiore ogni volta che vogliamo.

Così, nel caso del lavoro sulla creatività, una volta impadronitici del segreto di questa tintura interiore, se viviamo qualche difficoltà (o un blocco) su delle fasi particolari dei nostri lavori creativi, potremo evocare la tintura interiore di quest’esperienza, che ci aiuterà ad entrare in contatto con le radici della nostra creatività aiutandoci a risolvere le nostre difficoltà.

E’ chiaro che, esercizi di questo tipo non sono mai definitivamente esauriti e compiuti, poiché noi stessi cambiamo continuamente in relazione a ciò che ci accade, ma si scoprirà che il lavoro col nostro alambicco interiore è di inestimabile aiuto nel metterci in contatto con le fonti delle nostre qualità positive. In termini alchemici i processi associati con l’alambicco includono quelli di Distillazione, Esaltazione, Fissazione, Proiezione, Moltiplicazione, quintessenza, etc.

In conclusione, spero che queste poche indicazioni possano aiutarci a comprendere come la filosofia ed il simbolismo degli antichi alchimisti possano essere con efficacia usati ancora oggi come una vitale forza vivente per la trasformazione interiore della nostra anima.

Il “segreto manifesto” dell’alchimia è che noi, come gli alchimisti dell’antichità, dobbiamo sperimentare con il nostro mondo interiore sotto forma di questi vasi alchemici.

Allora la nostra vita interiore sarà tinta e trasformata da una nuova ricchezza spirituale.

Adam McLean

Tratto dalla collana “Quaderni di studi esoterici e filosofici”

La Sacra Simbologia del Serpente

Si può supporre che il simbolo del serpente sia nato nelle caverne dove l’uomo primitivo usava le pareti per riprodurre la fauna che colpiva il suo immaginario.
Il Serpente dell’Eden

Da allora e fino ai nostri giorni, questo animale strisciante è stato utilizzato per trasmettere un messaggio criptato delle diverse tradizioni sacre di tutte le razze della Terra e in particolare nella Tradizione Alchemica e religiosa in questo pianeta, mentre in alcuni casi, ha un significato negativo in quanto principio del male stesso, ossia Satana, attribuendo a questo bellissimo animale tutta la colpa per aver “tentato” la donna Eva.

La disubbidienza di questa alle “regole” di Javè, darà seguito alla maledizione eterna dei serpenti e delle donne, come stabilito dalle parole della Genesi.

Le specie appartenenti a questi ofidi sono tra le più varie: aspidi, pitoni, serpi, cobra, ecc.

Secondo la Tradizione Ermetica, il valore reale di questi simboli serpentini, rappresenta nell’uomo la vita stessa e il rinnovamento totale, come Fuoco Serpentino ondulante e folgorante che trasmuta la materia sublimandola.

Il Caduceo di Mercurio

Tra i simboli serpentini, forse quello più conosciuto è il “Caduceo di Mercurio”, utilizzato come distintivo della medicina in generale, della farmaceutica e dei medici in particolare.

Con il trascorrere dei secoli il Caduceo ha sofferto delle varianti senza perdere il suo messaggio silente diretto alla sensibilità degli uomini.

Ad esempio una clava con un solo serpente attorcigliato, oppure due serpenti attorcigliati nell’atto di versare “veleno” in un calice o coppa; comunque, il simbolo classico è e sarà sempre il Caduceo di Mercurio: due serpenti che si incrociano verso l’alto, attorno a un’asta.

Caduceo di Mercurio

La sua interpretazione ermetica richiama la colonna vertebrale con i suoi tre canali energetici e che a sua volta la tradizione Indù denomina come, Shushuma il canale centrale, Ida e Pingala quelli laterali.

In questi l’energia vitale parte dal basso e scorre verso la testa e nel suo passaggio apre e alimenta i vortici planetari o chakras, fino alla “pigna” o ghiandola Pineale, provocando l’apertura alare, come simbolo di spiritualità in atto e stimolando il chakra coronario, sopra il cranio, Golgota.

Questo “sacro serpente”, energia, dorme acciambellato alla base della colonna vertebrale, dove risiede l’“osso sacro” e si sveglia quando viene stimolato: si erge sprigionando il Fuoco sacro, Fuoco che non brucia, ma che trasmuta ed eleva l’animo umano verso vette altissime di spiritualità, perché con l’incontro nella Camera di Mezzo, il plesso cardiaco, con l’energia che scende dall’altro, avviene la combustione e la trasformazione in Luce, Spirito Santo.

Questa Super Energia di Luce è il Creatore, è il Grande Architetto che con il verbo, manifesta le sue idee utilizzando la Mater-Materia, come materiale plasmabile; ecco perché Dio è e si trova in ogni cosa.

Dunque, il Caduceo di Ermete, Mercurio, è un simbolo di carattere regale rappresentate dall’indiscutibile “Principe dell’Olimpo”, Mercurio!

La Tradizione racconta che Mercurio si trovò davanti due serpenti che amoreggiavano i quali si attorcigliarono al suo bastone, dando origine a questo simbolo.

Nell’antichità, è stato usato dagli Assiri-Babilonesi, in India, nell’Impero Romano, fino ai vescovi ortodossi, ai Greci, per arrivare ai giorni nostri, come già accennato.

Tutto ciò dà soltanto un’idea del tesoro sapienziale nascosto in questo simbolo, per il quale si potrebbero scrivere interi trattati.

Serpente Uroboros

L’Ouroboros

Il “Serpente che si morde la coda” e forma un cerchio perfetto; in alcune tradizioni i serpenti possono essere due, uno maschile e l’altro femminile; in Cina lo stesso simbolo viene interpretato con i Draghi e il suo significato simbolico è il medesimo: l’“eternità”, senza principio né fine, in un eterno continuo.

In Alchimia è il significato dell’operatività, poiché le energie del basso si congiungono con l’energie dell’alto in un eterno scambio: il più (+), la testa e il meno (-) la coda, per fare il miracolo della “Cosa Una”.

Il Serpente nel Cristianesimo

Alle origine del Cristianesimo, il crocefisso non veniva rappresentato con il Cristo inchiodato alla Croce, bensì  con un bel serpente simbolo del 5° elemento, sulla Croce come i Quattro Elementi: Fuoco, Acqua, Aria, Terra.

Nel centro di questa, infatti, veniva posto il simbolo della vita per eccellenza, come cristallizzazione dell’ordine nel caos della materia, il serpente.

Questo Cristo-Serpente è un elemento trasmutante di Fuoco, da qui l’acronimo I.N.R.I, che secondo la tradizione significa “Igne Natura Renovatur Integra”, il Fuoco Rinnova tutta la Natura.

Quindi, con questa energia, che è la “Pietra Filosofale degli Alchimisti” si possono creare Mondi, stelle e pianeti, tutto quanto esiste, perché lei è portatrice di tre forze: Sapienza, Forza e Bellezza, il triangolo perfetto con il quale si esprime la Potenza di Mercurio, la Forza di Marte e la Bellezza di Venere, che riceve dall’Oriente i flussi del Padre sole e della Madre Luna, per diventare l’“Androgino Sacro” o “Grande Architetto dell’Universo”.

Crux Christi Serpentis

Questo serpente così diffamato, non ha nulla di malvagio, né di Satanico e tanto meno di diabolico, perché è il veicolo portatore di vita all’intero creato ed è “penetratore” in quanto è lui il “Christi Serpentis” che si perpetua in eterno senza principio né fine, attraverso le generazioni e in tutti gli Universi.

I veri eretici son i detrattori che non hanno compreso e non comprendendo, hanno girato il vero significato allontanando il credente dalla verità, con l’imposizione ingannevole di altri simboli che non hanno nulla in comune con quello originale.

Da simbolo operativo è stato trasformato in simbolo passivo di fede, con tutto il rispetto dovuto al Gesù sofferente, ma la sola fede non basta per raggiungere l’illuminazione, ci vuole ben altro.

Il Serpente in Egitto

Nell’antico Egitto, il sacro cobra “Wadjet” era considerato un segno di regalità e realizzazione, era il guardiano del Basso Egitto che per analogia ermetica, corrisponde al sesso-eros nella figura umana. Il Faraone essendo un iniziato ha elevato la propria energia serpentina dal Basso all’alto Egitto (la testa), aprendo i sette vortici planetari, per posizionarla sulla fronte come Ureos.

Il Serpente in India

In India il serpente viene chiamato Nagas (parola sconosciuta) che l’induista identifica con la Kundalini, la cui rappresentazione è un serpente attorcigliato su sé stesso a formare un anello (Kundala), posto alla base della colonna vertebrale “Osso Sacro”; da qui la sua denominazione di Sacro, che aggiunge valore a questo osso dello scheletro umano e che i più ignorano il suo vero significato.

Serpente Kundalini

Come dicevo poco più sopra, questa energia serpentina di fuoco, è la vita stessa che si manifesta come Eros-Sesso per creare, ma che menti malate hanno degradato dando la colpa di tutto il male dell’umanità e definendolo capo massimo delle infinite schiere di diavolacci.

Il simbolo del serpente in altre realtà

Se il serpente fosse realmente Satana, tutti noi saremmo suoi figli, in quanto l’umanità è nata negli “Inferi”, ma questo non è vero fortunatamente; gli esseri umani possono arrivare ad essere un Tempio vivente e tutto il corpo dell’uomo è sacro.

In America Centrale si parla del “Serpente Piumato”, che gli dei clonavano per dare vita all’uomo e che chiamavano Quetzalcoatl, l’equivalente del Cristo come energia con la quale il carbonio si trasforma in quarzo.

Per questo motivo tale simbolo è stato usato dagli Incas, Atzechi, Pellerossa e tante altre razze e del quale non basterebbe un intero trattato per spiegare la sua realtà simbolica e analogica.

Per essere chiaro, voglio spiegare ai profani che non si tratta di serpenti veri, ma il serpente è una semplice analogia per indicare il principio vitale nell’uomo.

A conclusione, voglio far notare che il serpente attorcigliato in una mezza Luna e posto sotto il calcagno della Madonna, è un messaggio silente per chi sa interpretare i simboli; la sua comprensione la lascio a voi e quando avrete compreso, avrete fatto un passo avanti nella ricerca spirituale.

Cercate e troverete!
Bussate e vi sarà aperto!
Chiedete e vi sarà dato!

Amen-tihù

di Alfredo Di Prinzio

 

Il Fuoco, la Vita, la Forza

Il Fuoco mantenuto permanentemente acceso nei templi delle diverse tradizioni, sta a simboleggiare la Presenza del Divino, ossia Dio. Analogicamente rappresenta anche la forza creativa, la virilità che si concretizza nella semenza atta alla generazione e alla ri-generazione dell’intera famiglia umana.

Un uomo senza questo Fuoco è un cadavere, perché tale energia-fuoco è la vita stessa che si manifesta e si esprime come intelligenza.

Un tempio senza questo fuoco acceso è simile ad un uomo impotente, perché è privo della immanenza di Dio. Perciò questa forza emanante da codesto fuoco viene divinizzata in tutti i templi dalle religioni, dall’antichità fino ad oggi.

Il simbolo che più magnificamente lo codifica è la Croce.

Simbolo universale esistente prima dell’avvento del cristianesimo in tutti i continenti. Abbiamo l’asse verticale di polarità solare, maschile, e l’asse orizzontale di polarità femminile; il fulcro rappresenta l’unione del maschio con la femmina, il figlio, il Fuoco Sacro, l’Androgino, Dio.

Allora questo simbolo sopra i campanili delle chiese, non rappresenta altro che il fallo con la sua emanazione spermatica verso l’utero dell’universo per concretizzare tutta la liturgia che si celebra nell’interno del tempio.

Il Padre è Fuoco, il Figlio è l’Acqua e lo Spirito Santo è la Luce. E questa Luce è Amore, e questo Amore è Dio! Così un vero sacerdote che ha ricevuto la “Lingua di Fuoco dello Spirito Santo”, manifesta Dio-Amore e si trasforma in Sacerdote dell’Altissimo secondo l’Ordine reale e Sacerdotale di Melkitzedeq. Paragonabile alla trasfigurazione di Gesù, detta dagli Ortodossi metamorfosis, colui che ha ricevuto tale investitura può affermare “Io Sono Uno con il Padre”.

Quando i vizi sono trasformati in Virtù e gli istinti bestiali sacri-ficati nella propria Ara con il fuoco della Virtù, il discepolo trasforma i propri codici genetici operando un grandissimo salto di qualità e divenendo un rinato o un ri-sorto.

L’anima così trasfigurata irradia questa Energia-Luce dal centro del corpo diventando “vero pane”, alimento per gli Angeli del Cielo (neuroni nella testa) e per gli Angeli-Atomi del corpo.

Questa energia dinamizzata inizia ad elevarsi come il sacro serpente Kundali, e sale i trentatrè gradini della colonna vertebrale, dall’osso sacro fino alla ghiandola pineale che si apre come un fiore dai mille petali per allacciarsi all’energia dell’universo.

Quando l’Acqua di Fuoco del Figlio si estrae dalla propria cisterna e si immette nel flusso sanguigno, questo si dinamizza iniziando a irradiare come un Sole, e l’uomo diventa universale, perché la vita vera è nel sangue. L’iniziato a questi misteri “salva” questo Fuoco-Energia per auto ri-generarsi.

Per spiegare meglio questo mistero, prenderò in prestito la Tradizione Ebraica che analogicamente ci dona questo meraviglioso insegnamento.

Si legge nel Sacro Testo che il popolo ebreo viveva in schiavitù in Egitto. Significa che il popolo “spermatico” era schiavo dei vizi negli inferi, Egitto. Mosè, equivalente al Fuoco Divino nell’uomo, li libera e li porta alla salvezza. Attraversano il deserto che rappresenta il tempo necessario per realizzare quaranta operazioni alchemiche nell’arco di un anno, chiamato appunto “deserto”. A questo punto li fa attraversare il Mar Rosso: il sangue, portandoli verso la Terra Promessa nella Testa-Cielo.

Questo “dramma” chiamato Esodo è un bellissimo insegnamento per tutta l’umanità perché ci spiega il processo per ottenere la “salvezza”. Infatti nei quaranta anni nel deserto, la gente fu alimentata con la Manna, “Pane degli Angeli”, che scendeva dal cielo, che non è altro che l’Ambrosia, il Nettare, l’Amrita, per attuare una vera opera di separando alchemico.

Così più di tremila persone che ancora vivevano nel vizio (“vitello d’oro”) furono eliminate.

Le dodici tribù rappresentavano i dodici attributi dello Spirito.

E ancora: Mosè con il “suo bastone” batté la pietra per tre volte e fece scaturire dell’Acqua, Acqua di Vita che dissetò tutto il suo popolo (cellule del corpo).

Ecco svelato il Mistero del Fuoco. Perciò l’adorazione di questo Fuoco Divino nei templi equivale alla venerazione dell’energia creatrice nello stesso uomo, che non è altro che il Sole fecondatore dei mondi.

Siamo giunti a vedere lo stesso valore nel Fuoco = Dio = Sole, perché il Sole non solo feconda la Terra, ma anche l’intero sistema, perciò è la cosa più grande e sacra che esiste per l’umanità.

Quanta ragione aveva il grande Akhenaton nell’unificare, portando l’intero pantheon di diverse divinità ad uno soltanto: Aton, il Sole.

E l’uomo e la donna che hanno smarrito il cammino scegliendo il vizio, diventano impotenti per lo Spirito che si realizza nell’unione delle due polarità opposte: l’uomo con la donna. Soltanto l’unione dei contrari diventa sacra e generativa e ri-generativa per tutti coloro che scendono ai propri inferi per cercare la pietra nascosta (lito o lapis), da cui la parola liturgia che significa “lavorare la propria pietra”.

Il Creatore li fece maschio e femmina perché uniti sono paragonabili ai due poli della corrente elettrica che creano la Luce, la Vita, sinonimo d’Amore. E questo Amore è l’atto più sacro e divino dell’uomo verso sé stesso, perché in quell’istante si trasforma in Dio simile al Grande Architetto dell’Universo.

Questo è il mistero di tutte le fedi e di tutti gli Ordini iniziatici perché l’uomo è come il Sole nel suo percorso annuale in cui passa per i punti della grande Croce Zodiacale: due solstizi e due equinozi, creando vita nei tre regni della Natura.

Nella interiorità dell’essere umano questa energia Fuoco-Sole fa il suo percorso esattamente come il Sole, ossia l’energia cambia di posizione d’accordo con il periodo dell’anno, facendo una rotazione di un quarto di circolo zodiacale.

Come esempio del cambio energetico, vi presento la Croce Essenica o Croce Templare:

“La formula magica di questa Croce è composta da cinque nomi di Dio che manifestano Virtù Intelligenti attraverso le lettere del nome sacro. Si fa con le due dita della mano destra portandole alla fronte, poi quattro dita sotto l’ombelico, alla spalla destra, alla spalla sinistra e per ultimo si incrociano le braccia al centro del petto, pronunciando le parole nell’ordine stabilito secondo i mesi dell’anno:

Dal 21 Marzo al 20 Giugno: El, Yah, Aglà, Ehyeh, Shadday.

Dal 21 Giugno al 20 Settembre: Aglà, Ehyeh, Yah, El , Shadday.

Dal 21 Settembre al 20 Dicembre: Yah, El, Ehyeh, Aglà, Shadday.

Dal 21 Dicembre al 20 Marzo: Ehyeh, Aglà, El, Yah, Shadday.


Per ogni periodo dell’anno sono indicate anche le spezie da bruciare

Chi vorrà mettere in pratica questa potente invocazione dell’Energia = Fuoco = Dio dovrà pronunciare i nomi con grande intensità fissando in ogni punto del corpo le qualità spirituali e taumaturgiche in esse contenute. Per l’apertura dei riti si dovrà ripetere la croce tre volte, per la chiusura quattro volte.

L’uomo come tempio vivente è in costante comunione con la Madre Natura , così insieme al Sole, ogni anno di-scende ai propri inferi per risorgere invitto iniziando un nuovo percorso. Arriva al massimo della sua forza e splendore al Solstizio d’Estate, per iniziare a scendere passando per l’Equinozio d’Autunno fino al punto zero del Capricorno, Solstizio d’Inverno, per ri-iniziare un altro ciclo rinnovato.

Questa è una Legge della Natura valida per tutti. Ma una cosa è avere coscienza e un’altra è essere senza.

L’iniziato ai misteri sa che nei mesi freddi dovrà scendere nel buio della materia, come il seme collocato sotto terra, dovrà aspettare la Primavera per vedere germogliare lo Spirito. Così di ciclo in ciclo conquisterà la propria immortalità viaggiando insieme alla Luce e codificando il suo Corpo di Gloria.

E’ proprio da questa analogia che sono nati i miti dei salvatori dell’umanità, la cui nascita fisica viene collocata dal ventuno al venticinque Dicembre: Krishna Budda, Osiride, Gesù e altri ancora come Logos Solari o Avatar epocali.

Col passare del tempo fu aggiunto il culto femminile della Dea, riconoscendo il grande valore della donna nell’atto generativo, paragonandola alla dea Iside, la Luna, ossia la nostra attuale Maria.

Tutta questa simbologia si adoperò per creare dei culti particolari che analogicamente si applicano alla morte e rinascita del Dio e alla redenzione dell’umanità.

Così, con l’energia del Sole e la matrice dell’acqua, la Luna, l’uomo redime sé stesso attraverso la ri-generazione. E non solo, ma automaticamente risveglia il suo cosciente destro, avendo con questo unito il basso con l’alto, realizzando il miracolo della Cosa Una e passando dalla livella orizzontale alla verticalità del filo a piombo, per entrare nei piani sottili della propria coscienza.

E’ chiaro che ognuno potrà credere o non credere a tutto ciò, potrà pregare e meditare quanto vorrà, astenersi da ingerire carni, astenersi dal mangiare, dal fare l’amore, ecc…, ma se non cercherà in sé stesso quel Fuoco che gli permetterà di trasmutarsi, la propria coscienza non si risveglierà mai.

Dio Unico, Principio Universale, diffonde la vita dall’Universo nell’uomo e dall’uomo nell’Universo Mondo;
Dio che esce dall’incognito assoluto, cioè dall’invisibile, e si manifesta all’Universo nella sua Onnipotenza;
Dio che fu, che è, che sarà, cioè l’Essere Eterno che non cessa mai nella sua sostanza;
Dio che con la Sua potenza dà inesorabilmente il castico o la ricompensa secondo il merito;
Dio che ha la coscienza nei rapporti trinitari tra Dio, l’uomo animale e l’Universo visibile.

Anticamente i maestri consigliavano la lettura del “Libro della Natura”, ossia di sé stessi, per scoprire la pietra, il Fuoco e gli altri elementi per sublimarli e fissare il Mercurio alato che sfugge facilmente disperdendosi. L’iniziato invece conosce il suo Tempio-Corpo, partecipa della Natura diventando onnisciente, utilizza il suo Intelletto Superiore (i due emisferi del cervello) trasformandosi in Androgino-Dio.

Per concludere, è chiaro che tutto ciò è davanti al naso di chiunque, ma le masse non lo vedono e non sentono e delegano ad altri mortali il proprio compito della ricerca del Regno di Dio dentro loro stessi. Per tutti costoro sarà per un’altra volta, e benvenuti nel nuovo ciclo a tutti coloro che hanno attivato la Luce nel proprio Tempio interiore.

di Alfredo Di Prinzio

 

L’ABBONDANZA

IO SONO la fonte di ciò che ricevi e tutto ciò che possiedo ti appartiene. La Mia infinita abbondanza è accessibile a tutti, ma la tua deve essere una coscienza di abbondanza, libera da ogni pensiero di scarsità o di restrizione. Senti la tua coscienza dilatarsi senza sosta, non porle dei limiti che potrebbero causare delle interruzioni nel flusso costante. I limiti portano con sé la paura, e la paura conduce al ristagno: e quando qualcosa ristagna, il flusso è interrotto e si esaurisce. Mantieni un flusso continuo. Fai in modo che a tutti i livelli vi siano un dare e un ricevere costanti, e scopri il significato dell’abbondanza infinita. Sappi che sei uno con Me, con tutta la ricchezza del mondo, e che nulla può essere preso a vantaggio del proprio ego, né trattenuto in deposito: tutto è lì per essere utilizzato saggiamente.
Gestisci bene i Miei doni perfetti e benefici, ricerca la Mia guida e la Mia direzione per sapere come utilizzare nella maniera giusta le Mie risorse infinite.
[da: “Eileen Caddy – Le porte interiori – Amrita]